Operazioni negabili

Drew ha provato a derubare una grossa compagnia di sicurezza e le è andata male. Catturata da quelle che avrebbero dovuto essere le sue vittime, viene messa davanti a una scelta: lavorare per loro, alle loro condizioni, o essere consegnata all’FBI e rischiare trent’anni di prigione. Tra le due, la seconda prospetta i rischi maggiori, ma offre anche più possibilità di fuga…
Certo, le condizioni non sono gradevoli. Il luogo in cui è costretta a lavorare è strano, disturbante, alienante: un appartamento sprofondato in una penombra perpetua e con tutte le pareti di vetro. Body scanner all’entrata e all’uscita. Nient’altro che la biancheria intima addosso, in teoria per evitare che porti dentro o fuori qualcosa, ma in realtà, Drew ne è consapevole, per intimidirla.
E il dettaglio peggiore: Eric West, il capo della compagnia di sicurezza. Un uomo bellissimo, ma immerso nella paranoia, che inizia subito a giocare con lei come il gatto col topo. Riuscirà Drew a liberarsi? E specialmente… davvero non voleva essere catturata?

«Questo…» provò a dire. Voce roca e spezzata. Tossì. Ci riprovò. «Questo è un sequestro».
«Sì, sì» rispose West, quasi spazientito. «Ma molto breve, non preoccuparti. Abbiamo le prove che hai cercato di derubarci. Tra la violazione informatica, i malware, la compromissione della banca dati, eccetera, se ti consegniamo all’FBI rischi una trentina d’anni di carcere. Con la sicurezza nazionale di mezzo, per di più. Noi?» Un’altra scrollata di spalle. «È stato un arresto illegale, è vero, ma al peggio ci faranno una multa. E con i tempi di reazione che abbiamo avuto, è quasi una pubblicità».
Drew sbatté le palpebre. E quindi? Non capiva dove volesse arrivare West.
Poi lo capì.
«Ma siete stati crackati, eh? Quello meglio non farlo sapere in giro».
Un gesto vago. «Tra l’altro, sì. Hai lavorato da sola?»
«Sempre».
«Se ci stai mentendo lo scopriremo».
«Accomodatevi». Prese fiato. «Non ho capito che cosa vuole da me».
«Ricattarti, no?»
Drew aggrottò la fronte. «In che senso…»
«Oddio, tecnicamente assumerti. Ma se rifiuti, ti consegneremo all’FBI, quindi “ricatto” mi sembra più appropriato».

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Profondo rosa

Viva il rosa che racconta la vita!

Il 14 ottobre ha mosso i suoi primi passi Profondo Rosa. Che cos’è? Ecco il nostro manifesto:

#profondorosa non è il prossimo film di Dario Argento e nemmeno il nome di una bibita. Non una medicina né il titolo di un libro. Non è un genere, non una collection. Una cosa è certa, è più facile definire cosa #profondorosa NON è, piuttosto che vestirlo di parole.

Possiamo però provare a spiegare cosa vorremmo che fosse: uno slogan, un manifesto, una forma di ribellione a quella fastidiosa corrente di pensiero che si è tanto disturbata a vituperare il genere rosa additandolo come frivolo e superficiale, dimostrando un certo grado di pregiudizio, se non un dichiarato disprezzo nei confronti delle scrittrici di romance, delle lettrici che leggono romance e addirittura delle Case Editrici che pubblicano romance. Un disprezzo che sfocia talvolta in un’oltraggiosa misoginia, cosa quantomeno anacronistica nel 2023. Ci stiamo ancora domandando cosa leggono le donne? Stiamo ancora giudicando libri senza averli letti solo perché scritti, pubblicati o letti da donne, dall’alto di pulpiti inesistenti? Davvero?

#profondorosa diventa per noi scrittrici (Amanda Blake, Rebecca Quasi, Elle Eloise, Fleur du Mar, Paola Garbarino, Vera Demes, Barbara Morini, Giulia Barucco) una mano alzata per dire “fermi tutti. Il rosa, come ogni altro genere, può essere puro intrattenimento oppure qualcosa di più profondo. Anzi, può essere entrambe le cose!”.

Ebbene sì, la maggior parte dei romanzi che troviamo nella categoria ‘rosa’ di Amazon è qualcosa di diverso rispetto a una semplice storia d’amore raggomitolata in se stessa. Lo è per la maggior parte delle autrici di questo genere così eccessivamente etichettato/ giudicato/ bistrattato/usato e a volte abusato.

Noi scrittrici di #profondorosa desideriamo aprire le porte a tutte quelle autrici (e quegli autori) che vedono nelle loro storie d’amore non solo il fine, ma il mezzo per descrivere un mondo complesso, relazioni, temi contemporanei e un viaggio nelle profondità dell’animo umano. L’amore sentimentale (ciò che ovviamente muove i fili di una trama romance) può declinarsi in molte sfumature, non di grigio, ma di realtà, immaginario, vita.

Un appello, per concludere: caro scrittore o cara scrittrice di romance, cara lettrice e caro lettore, se pensi di ritrovarti in queste parole, ti invitiamo ad attraversare lo specchio e a venire con noi. Non immaginiamo #profondorosa come un lavoro compiuto e definitivo, ma come a tavola bianca che possiamo riempire insieme.

Ognuno può contribuire come e quanto crede, con i mezzi a propria disposizione. C’è solo una regola che deve essere tassativamente rispettata prima di seguire il Rosaconiglio: ogni forma di pregiudizio o di razzismo e la mancanza di rispetto saranno severamente banditi.

In fede (e in rosa)

Amanda Blake (Miss Black), Rebecca Quasi, Elle Eloise/Moloko Blaze, Fleur du Mar, Paola Garbarino, Vera Demes, Barbara Morini, Giulia Barucco

Questa ginnastica chiamata amore

Nella sua prima vita Carmen Casanova era una grafica editoriale. Poi una brutta esperienza ha cambiato tutto e ora è socia di uno studio legale specializzato nella difesa delle donne. Finché non viene avvicinata da una cliente misteriosa, vittima di violenze domestiche. Sembrerebbe una storia tristemente comune, se il marito non facesse parte di un clan mafioso.
Il procuratore aggiunto Luigi Lo Presti vive sotto scorta da quando ha mandato in prigione il primogenito di quello stesso clan e hanno cercato di ucciderlo.
È a lui che Carmen si rivolge, perché sa che la sua cliente avrà bisogno della protezione della Direzione Distrettuale Antimafia. Inizia così una collaborazione che li porterà sempre più vicini. Ad accompagnarli, quasi come una colonna sonora dello spirito, le canzoni di Battiato che arrivano ad alto volume dal bar dietro il palazzo di giustizia. Ma è giusto abbandonarsi all’amore (come nel Giappone delle geishe), se sei nel mirino di un clan mafioso? Lo Presti sembra pensare di no, ma le circostanze potrebbero smentirlo.

I corridoi della procura erano deserti come previsto. Il sole era appena tramontato, le aule del tribunale erano chiuse, non c’erano udienze in corso o, se c’erano, erano a porte chiuse. Da qualche ufficio filtrava una luce, da dietro qualche porta proveniva una voce, ma nel complesso non si vedeva anima viva.
Carmen fu fermata da due poliziotti in borghese subito fuori dalla DDA. Era già stata controllata all’ingresso, ma ora la controllarono di nuovo, con più attenzione.
«L’ufficio di Lo Presti è il terzo» le disse uno dei due, quando ebbero finito.
Carmen andò da quella parte in un silenzio irreale. Anche se non era vero silenzio, in fondo erano al centro di una grande città. Il silenzio era solo un’impressione. I suoi passi, nelle Oxford da uomo con la suola rigida, risuonavano sul pavimento di marmo. Su un lato del corridoio, una fila di finestre chiuse affacciava sul retro del palazzo di giustizia. Si sentiva la musica distante di un bar.

… I desideri mitici di prostitute libiche, il senso del possesso che fu pre-alessandrino…

Meraviglioso. Quella canzone sì che le risvegliava buoni ricordi. Ogni volta in cui la sentiva le veniva la pelle d’oca, non poteva evitarlo.
Non aveva mai fatto caso al bar da cui proveniva, forse perché non le capitava spesso di passare dietro al tribunale.
Sul lato interno del corridoio, le porte chiuse di una serie di uffici, anonime e marroni, ogni porta con la sua etichetta.
Carmen bussò alla terza.

… Ed è bellissimo perdersi in quest’incantesimo…

«Avanti!»
Quando Carmen entrò, Lo Presti era quasi arrivato alla porta. «Dottoressa Casanova». Le strinse la mano in modo sbrigativo e le indicò la scrivania.
Era il classico ufficio di un avvocato, pieno di faldoni e raccoglitori, le pareti coperte di librerie economiche, in parte chiuse, e ogni superficie libera invasa di carte.
Era anche un tipico ufficio pubblico, con il riscaldamento troppo alto e i mobili spaiati. Lo Presti era in maniche di camicia e gilet slacciato, Carmen si sfilò la giacca e la posò su una delle due sedie, per poi accomodarsi sull’altra.
«Ora mi dica chi è il marito della sua cliente. Salvo o Michele?»
«Salvatore Iacono» confermò Carmen.
«Già, Michele non sembra il tipo».
Lo Presti si sedette dietro la scrivania e intrecciò le dita davanti a sé. Era più o meno come in TV, solo un po’ più vero. La camicia stropicciata, il mento con un velo di barba. Dimostrava qualcosa in più dei suoi quarantacinque anni e sembrava stanco. A parte questo, non deludeva le attese. Longilineo, sul metro e ottantacinque, capelli castani tirati indietro, un picco della vedova che sconfinava nella stempiatura, lineamenti regolari, naso dritto, labbra sottili, occhi grigi, incassati. Gli occhi, per la precisione, erano puntati su di lei.

Carmen si dimenò sulla sedia, a disagio.

... Le tue strane inibizioni che scatenano il piacere…

Ci mancava solo quella cazzo di canzone. Continuava a sentirla, attutita dalla porta.
«Sono stata contattata da Francesca Iacono. In modo piuttosto insolito, per strada. Si è rifiutata di salire nel mio studio».
«La sorvegliano?»
«Così ha detto».
«Non le è sembrata attendibile?»
«Era francamente terrorizzata. E l’occhio nero era verissimo».

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Naked

Ayden Brillat-Savarin è l’amministratore delegato di un grande gruppo industriale. È appena stato assoluto da un’accusa di molestie, ma in passato si è macchiato di altre scorrettezze. La sua compagnia, per non correre rischi, gli rifila una mentore: una professionista che gli insegnerà a sopravvivere alle insidie del mondo moderno, dal modo in cui comportarsi con le dipendenti, alle cautele da usare con le minoranze, fino al necessario linguaggio politicamente corretto. Ayden sarebbe molto seccato, se ms. Allegra Foxton, la mentore, non fosse ironica, sveglia e piuttosto carina. In fondo assecondarla non gli costa nulla. Non sa che presto si troverà messo a nudo e la sua vita non sarà più la stessa.

La porta si richiuse alle sue spalle e l’ufficio sembrò sprofondare nel silenzio. Era una sensazione che Ayden amava molto. Era stato lui stesso a far insonorizzare l’ambiente, in modo da non essere disturbato dal continuo suono dei telefoni e delle conversazioni fuori dal suo sancta sanctorum.
Oltre a essere insonorizzato, il suo ufficio era ampio, con una vetrata su un panorama mozzafiato di Canary Wharf, la moquette di un particolare viola che tendeva al grigio, un tavolo di vetro e acciaio, una scrivania abbinata, il divano di pelle naturale e le poltroncine in tinta. Di design. Riservato. Sottotono in modo elegantissimo.
«In casi come questo la porta non dovrebbe sempre restare aperta?» considerò Ayden, con un sorriso bonario.
«Spero che, per quanto lei detesti la situazione, non arriverà a uccidermi e a nascondere il mio cadavere in bagno».

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Svetlands

Sesso & Potere Vol. 1-5

Svetlands, una nazione immaginaria, ma molto simile a un qualsiasi paese occidentale evoluto. In questa raccolta trovano spazio le prime cinque novelle della serie, le storie di cinque cancellieri e delle loro relazioni. Relazioni talvolta scandalose, sotto gli occhi dell’opinione pubblica, in cui non c’è spazio per il romanticismo e la politica chiede il suo tributo. In queste cinque storie Miss Black esplora ciò che si annida nel cuore di una nazione e di chi la governa: un mondo gretto e carnale, attraversato da improbabili sfumature di sensibilità.
Contiene edizioni rivedute e corrette di:
1. Il cancelliere e la ballerina
2. Dovere di cronaca
3. La candidata
4. Al servizio della nazione

5. Liaison secrète

NB: anche tutte le edizioni singole sono state rivedute e corrette (su tutte le piattaforme)!

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Gadget!

Quest’anno Miss Black festeggia dieci anni di attività!

Tra le varie iniziative che si succederanno durante il 2023, mi fa piacere presentarvi il nuovo shop con i gadget tratti dalle copertine e dalle grafiche dei libri. Ho scelto il sito che le produce, RedBubble, per la buona qualità dei prodotti e delle stampe. Spero che si rivelerà all’altezza! I gadget sono creati all’acquisto, ossia non esistono finché qualcuno non li compra. Alcuni hanno dei prezzi davvero esagerati, e di questo mi dispiace (non comprateli), ma la maggior parte è nella media dei prodotti di quel tipo.

Per ogni design ho progettato diversi gadget. Di quasi tutte le copertine sono disponibili le stampe, le cartoline/segnalibro, i quaderni a spirale, i cuscini, le borsine di tela e le borse-sacco. Qualcuno ha dei prodotti più insoliti, come il tappetino per il mouse. Le grafiche del logo hanno meno opzioni, perché chi vorrebbe appendersi in salotto un grosso poster con un logo?

Inutile dire che i gadget sono solo un piccolo diversivo per il decimo anniversario, il mio principale interesse restano i libri! Anche perché vi assicuro che i margini di guadagno sono quasi inesistenti e ci guadagnano solo i produttori degli oggetti. Nonostante questo, spero che l’idea vi piacerà e che qualcuno sarà felice di poter andare a fare la spesa con una borsina di Miss Black. Nei prodotti creati dalle copertine ho appositamente deciso di non mettere il logo, appunto per renderli usabili nella vita di tutti i giorni.

Nei prossimi mesi è probabile che si aggiungano nuove grafiche. Cliccando sull’immagine di un determinato prodotto nella pagina GADGET potrete visualizzare tutti i prodotti con quella stessa illustrazione.
Buon divertimento!

Guardali tutti su RedBubble!

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Una storia di sesso

Brielle e Frank si sono incontrati in un club per scambisti. L’idea è stata del ragazzo di Brielle, ma i risultati poi non gli sono piaciuti. In quanto a Brielle, lei non voleva neppure andarci. Con l’uomo che le è capitato si è trovata bene, Frank è un bel tipo ed è bravo a letto, ma non sentiva il bisogno di sperimentare.
Ormai, però, ha sperimentato. Il suo ragazzo si è infuriato e l’ha mollata nel mezzo del nulla, andandosene. Frank le ha dato uno strappo verso il centro.
Sembra l’inizio di una storia di sesso, erotica ma inconsistente, solo che…

Quella che Frank si sarebbe fatto più volentieri era la geisha. Anche se forse non era proprio vestita da geisha, ma solo da… giapponesina? Non che avesse importanza. Quella sera, allo Switch, tutte le ragazze erano in maschera. Quella che aveva puntato Frank portava un vestito orientale con dei ricami di crisantemi dorati, una specie di stola di seta nera e una parrucca… doveva essere una parrucca, giusto? Se non lo era, quella tizia si era fatta acconciare i capelli in un modo davvero complicato. L’ultimo tocco era dato da un ombrellino di carta di riso.
Avrebbe dovuto avere un aspetto lezioso, ma più che altro sembrava terrorizzata. Frank non capiva perché, nessuno le aveva obbligate a venire. Anzi.
Lo Switch era un club privato.
Un club per scambisti.
La tessera costava un sacco di soldi e le serate non erano per niente economiche.
Frank partecipava quando erano a corto di maschi di bella presenza. Lo pagavano per il disturbo, ma era poco più di un rimborso spese. Più che altro era un modo molto comodo per scopare con delle tizie che altrimenti non sarebbero state alla sua portata.
Non sapeva perché l’idea lo attizzasse, ma era così. Forse era persino un po’ patetico.
Guardò dalla parte di Nancy, che quella sera era vestita da sirena, e lei gli fece l’occhiolino. I maschi no, erano tutti in completo nero. Privilegio di genere, come avrebbe detto Nancy.
«Signore… signori…» richiamò la loro attenzione Madame Rose. Lei non era in costume, ma quasi. Il suo vestito da sera assomigliava a un fiocco argentato. Erano argentati anche i capelli, sebbene fosse ancora piuttosto giovane, sulla quarantina, e anche discretamente gnocca. Almeno secondo Frank, che comunque non era di gusti difficili. Le donne gli piacevano eleganti, raffinate, magari anche stronze. Gli piacevano le inibite da scandalizzare a letto. Le frigide a cui far scoprire le gioie del sesso. Poi le voleva anche carine, ma non gli serviva una top model per avere un’erezione.

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Dimenticare di ex e altri esercizi zen

Josephine immaginava una vita con Andrew. Erano perfetti. Entrambi giornalisti, lui direttore del canale all-news in cui lavoravano entrambi, affiatati a letto, grande intesa intellettuale. Ma Andrew l’ha scaricata e la vita di Jo è andata a pezzi.
Proprio in quel momento però, neanche fosse un segno del destino, Jo riceve in eredità una casa nell’Essex. È il luogo perfetto in cui rintanarsi per leccarsi le ferite e meditare sulla propria vita. Andare avanti non è per niente facile. È ossessionata dal ricordo di Andrew. Ogni mattina si sveglia pensando a lui, il corpo che lo desidera fisicamente, la mente che continua a ripercorrere ogni istante della loro relazione. Di Patrick O’Rourke neanche si accorge. Certo, Patrick è bello, è l’uomo più bello che abbiano mai visto da quelle parti. Al pub locale le ragazze cercano modi sempre nuovi per avvicinarlo, fallendo ogni volta.
Jo per fortuna è immune. Ma lo è davvero?

«Alla fine non è così male. Olivia, dico».
Erano sul pick-up di O’Rourke e stavano tornando a casa. Era strano quel pensiero. Stavano tornando a casa.
«Quindi, tutto considerato, potresti persino darle una possibilità?»
«No».
Jo rise di quella risposta così netta.
«Okay. Tra l’altro, credo che abbia qualcosa in corso con il rappresentante della Guinness».
«Bene. Non voglio sembrare altezzoso o roba del genere. È proprio che…»
«Olivia gioca in un altro campionato. Lo sa anche lei».
«Eh? Quale campionato?»
Jo sbuffò. «E dai».
«No, guarda, non gioco in nessun campionato. Non gioco».
«Cioè sei impotente?»
O’Rourke iniziò a tossire e il pick-up sbandò. Poi si mise a ridere. «Ti sembrano cose da chiedere?»
«Scusa. Capisco che non ti vada di parlarne. È un problema increscioso».
Lui rise ancora. «Essere impotente è
un problema increscioso, secondo te? Si vede che non sei un maschio».
«Scusa. Sul serio. Mi dispiace. È una tragedia».
Lui scosse la testa, continuando a ridere. «Non sono impotente. Sono solo non-praticante. Non voglio… non voglio nessuno tra i piedi». Fermò il pick-up davanti alla porta laterale. Gli alberi, attorno alla casa, erano macchie scure contro il cielo blu e nell’aria c’era odore di terra umida. O’Rourke spense il motore, ma non scese ancora. «Sto elaborando della roba. Roba che mi è successa. Brutta. E non voglio qualcuno che inizi ad aspettarsi da me… non lo so. Affetto, partecipazione, interesse. Non ho niente da offrire».

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Bang bang

Quando un action hero incontra una ragazza dalla lingua tagliente, non c’è tecnica di combattimento che possa salvarlo.

Il sergente del SAS Ryan Hill è in malattia, dopo essere stato ferito a una gamba. A salvarlo da una noiosa convalescenza ci pensa il suo capo, affidandogli un incarico speciale: proteggere una stand-up comedian finita nel mirino del terrorismo islamico. Darcy Yates non immaginava che fare una battuta sulle barbe dei combattenti dell’ISIS l’avrebbe messa in pericolo, ma è successo e ora deve uscirne in qualche modo. Darcy è pungente, è labourista e odia i militari. Non a caso, dato che è la figlia di un generale, lo stesso generale che le ha appena inflitto una scorta di quattro Rambo dei corpi speciali. Darcy non ha alcuna simpatia per quelli che considera sociopatici dal grilletto facile drogati di adrenalina, ma bisogna ammettere che Ryan, il capo pattuglia, è divertente. E sexy. E molto, molto in forma. Nemmeno la consapevolezza che quel tizio è addestrato a uccidere con qualsiasi oggetto, da una matita a un peluche, riesce a smontare l’attrazione che prova per lui, ma c’è un elemento che rema contro sgraditi coinvolgimenti emotivi: il bel Ryan, lì, rischia la vita su base giornaliera in pericolose missioni nei teatri di guerra di tutto il mondo e Darcy sa fin troppo bene com’è aspettare a casa uno che potrebbe non tornare…

«Spiegami questa cosa della mascolinità tossica» disse lui, dopo un po’, cercando di farla pensare a qualcosa di diverso dai due stronzi che li seguivano. «Secondo te il problema degli jihadisti è quello? Mascolinità tossica?»
Darcy sbuffò. «E avranno il cazzo piccolo. Di sicuro».
Lui si mise a ridere. «Non mi sembra un commento molto femminista».
«Ti sbagli. Perché—
Il telefono di Darcy iniziò a suonare ed entrambi guardarono il display.
«Cavoli, è Miranda. Devo risponderle».
«Certo, ma credo che sia meglio non darle dettagli dell’operazione».
«Okay». Darcy attivò il vivavoce. «Ciao cara».
«Ciao, volevo solo sapere come andava».
«Benino, ma ora sono distrutta, Miranda. Sto guidando verso Cardiff. Possiamo sentirci domani?»
«E che fine ha fatto il tuo bel marine? Non può nemmeno sostituirti al volante?»
Darcy sospirò. «È qua. E spero che i tuoi apprezzamenti estetici lo facciano soprassedere su “marine”, perché mi piacerebbe avere ancora te come agente, nei prossimi anni».
«Oh. Ops. Salve, Ryan».
«So dove vivi, Miranda» disse lui e Darcy quasi sorrise.

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La notte si porta via tutto

Lui, una celebrity le cui sregolatezze tengono banco sui giornali scandalistici.
Lei, una chirurga ortopedica di origini somale.
Un paese fantasma, una storia improbabile e intensa, un atto di generosità che non passa impunito.

Quando riceve una richiesta di intervento in un paese fantasma dell’Alto Piemonte, l’ultima cosa che Jamilah si aspetterebbe di trovare è una celebrity con una gamba incastrata tra le assi di un pavimento cadente. E invece l’uomo in difficoltà è proprio Marco Santacroce, il figlio ormai trentottenne della star del rock Vittorio Santacroce. Il celebre cantante è morto dieci anni prima, ma le sregolatezze del figlio tengono ancora banco sui giornali scandalistici. Jamilah è una chirurga ortopedica, lontanissima dal mondo dello spettacolo e da qualsiasi frivolezza. Italiana di origini somale, ha lavorato nei paesi più poveri del mondo e solo da poco è tornata a vivere nel suo paesello di montagna, tra gli amici del liceo e tra la diffidenza di chi fatica a fidarsi di una dottoressa nera. Lei e Marco non hanno nulla in comune, almeno all’apparenza. Certo, lui è bello, ed è anche diverso da come lo dipingono i siti di gossip. È un po’ più vero e disperato dell’immagine che rimanda il web. Jamilah dovrà provare sulla sua pelle che cosa significhi finire alla gogna mediatica per capirlo davvero. E Marco dovrà cercare di allontanarsi dal passato per cominciare a vivere.

Le porte si aprivano con una tessera magnetica. Santacroce fece scattare la serratura della stanza numero 306 ed entrò. Tutte le luci si accesero al loro ingresso, deboli e gialle.
«Non è il massimo della vita» commentò Jamilah, osservando le pareti beige e la moquette marrone.
«Ma no, è okay. Senti, volevo chiederti una cosa». A quel punto si interruppe. Lì, in piedi in quella stanza troppo beige, con la porta ancora aperta, nella luce flebile e itterica delle applique di vetro satinato, riflesso dallo specchio sopra la scrivania. In un film quella pausa sarebbe sembrata carica di significati, ma nella realtà fu solo un po’ strana.
«Cioè, pensavo» riprese a parlare Santacroce. «Avrai dei piani per la serata».
Sembrava un trabocchetto. Non un trabocchetto volontario, magari, ma il genere di affermazione che ti spinge a dare risposte avventate di cui subito dopo ti pentirai. Risposte tipo: “Non ho nessun piano, ecco la mia vagina, facci quello che vuoi”.
Jamilah si limitò a un cautissimo: «In che senso?»
«Nel senso… stavi tornando a casa. Avrai cose da fare. In caso contrario…» Si interruppe di nuovo, gonfiò le guance ed espirò. «Sono un po’ scosso, per così dire. Ero un po’ scosso anche in partenza, per me non è un gran periodo. Se non hai niente di urgente da fare potresti soccorrermi anche emotivamente e cenare con me. Finché non ho smesso di tremare, diciamo».
Lei sbatté le palpebre. «Stai tremando?»
«Pensavo che si vedesse. Ora mi pento un po’ di averlo ammesso».
Jamilah emise una risata leggera. «Per fortuna c’è la confidenzialità medico-paziente. Potremmo ordinare da qualche parte. Non mi sembri in grado di andare a mangiare fuori».
«Già».
«Comunque a casa mi aspettava una pizza surgelata».
«Oh. Pensavo che voi medici aveste una vita sociale brillante».
«Non so come ti sia fatto una simile idea».
Santacroce ci pensò per qualche secondo. «Nip/Tuck, credo».
Jamilah sospirò e scosse la testa. «Lo dico sempre anch’io che avrei dovuto scegliere chirurgia estetica».

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