Una storia di sesso

Brielle e Frank si sono incontrati in un club per scambisti. L’idea è stata del ragazzo di Brielle, ma i risultati poi non gli sono piaciuti. In quanto a Brielle, lei non voleva neppure andarci. Con l’uomo che le è capitato si è trovata bene, Frank è un bel tipo ed è bravo a letto, ma non sentiva il bisogno di sperimentare.
Ormai, però, ha sperimentato. Il suo ragazzo si è infuriato e l’ha mollata nel mezzo del nulla, andandosene. Frank le ha dato uno strappo verso il centro.
Sembra l’inizio di una storia di sesso, erotica ma inconsistente, solo che…

Quella che Frank si sarebbe fatto più volentieri era la geisha. Anche se forse non era proprio vestita da geisha, ma solo da… giapponesina? Non che avesse importanza. Quella sera, allo Switch, tutte le ragazze erano in maschera. Quella che aveva puntato Frank portava un vestito orientale con dei ricami di crisantemi dorati, una specie di stola di seta nera e una parrucca… doveva essere una parrucca, giusto? Se non lo era, quella tizia si era fatta acconciare i capelli in un modo davvero complicato. L’ultimo tocco era dato da un ombrellino di carta di riso.
Avrebbe dovuto avere un aspetto lezioso, ma più che altro sembrava terrorizzata. Frank non capiva perché, nessuno le aveva obbligate a venire. Anzi.
Lo Switch era un club privato.
Un club per scambisti.
La tessera costava un sacco di soldi e le serate non erano per niente economiche.
Frank partecipava quando erano a corto di maschi di bella presenza. Lo pagavano per il disturbo, ma era poco più di un rimborso spese. Più che altro era un modo molto comodo per scopare con delle tizie che altrimenti non sarebbero state alla sua portata.
Non sapeva perché l’idea lo attizzasse, ma era così. Forse era persino un po’ patetico.
Guardò dalla parte di Nancy, che quella sera era vestita da sirena, e lei gli fece l’occhiolino. I maschi no, erano tutti in completo nero. Privilegio di genere, come avrebbe detto Nancy.
«Signore… signori…» richiamò la loro attenzione Madame Rose. Lei non era in costume, ma quasi. Il suo vestito da sera assomigliava a un fiocco argentato. Erano argentati anche i capelli, sebbene fosse ancora piuttosto giovane, sulla quarantina, e anche discretamente gnocca. Almeno secondo Frank, che comunque non era di gusti difficili. Le donne gli piacevano eleganti, raffinate, magari anche stronze. Gli piacevano le inibite da scandalizzare a letto. Le frigide a cui far scoprire le gioie del sesso. Poi le voleva anche carine, ma non gli serviva una top model per avere un’erezione.

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Classificazione: 5 su 5.

Lilim

Vol. 1

Emma ha una carriera di successo, un compagno con cui ha ritrovato la complicità, un futuro che sembra già scritto. Tutto va in frantumi quando nella sua esistenza compare un uomo così bello da sembrare irreale. E apparentemente lo è, visto che la prima volta Emma lo incontra in sogno, un sogno vivido ed erotico. Da quel momento in poi la vita perfetta di Emma comincia a sgretolarsi. Warad-Sin, l’amante del suo sogno, si presenta in carne e ossa: magnifico, arrogante e tutt’altro che umano. Emma si rende conto di doversi difendere da lui e inizia a studiarlo con l’aiuto del professor Valdes, un antropologo che è quasi stato ucciso da un’esemplare femmina della sua stessa specie: i lilim. I lilim sono antichi come il mondo; belli e letali, si nutrono della forza degli esseri umani durante il sonno. Resistere al loro fascino è quasi impossibile e oltretutto Emma ha un motivo molto solido per non liberarsi di Warad-Sin. Un motivo che le sta crescendo dentro.

«Se n’è andato? Finalmente, non lo reggevo più».
A Emma venne quasi un infarto.
Aveva sentito una voce. In casa non poteva esserci nessuno, come poteva aver sentito…
L’uomo uscì dalla sua cucina come niente fosse. Alto, moro, una felpa e dei jeans addosso, capelli scuri e sfilati.
Emma cercò a tentoni dietro di sé la maniglia del portone. Lanciarsi fuori. Chiedere aiuto in strada, ma…
«S-sei… sei il tizio del sogno» disse, prima di rendersene conto.
E un attimo dopo, la realtà di quello che aveva appena tartagliato arrivò al suo cervello. Sì, cazzo: l’uomo che era uscito dalla sua cucina era il tizio del suo sogno.
Lui le rivolse un sorriso beffardo.
«Chi non ha mai avuto un sogno, forse ha solo sognato di vivere» declamò. Poi diede una scrollata di spalle. «Non mi ricordo dove l’ho letta. Ma, per essere davvero precisi, Emma, io non sono il tizio del sogno. Sono il tizio che ti ha montato mentre dormivi e il padre della creatura. Oh, non fare così».
Emma aveva aperto il portone, ma il tizio del sogno… o, insomma, quel tizio… l’aveva richiuso dando una spintarella al battente. Come avesse fatto a comparire accanto a lei era inspiegabile.
«Sto impazzendo» le uscì dalle labbra.
Lui fece schioccare la lingua. «Banale».
«Cioè, come hai fatto a—
«Noioso».
«Che cosa sei, dannazione?».
Lui sorrise di nuovo. Un altro sorriso bianco e derisorio.
«Già un po’ meglio. Vieni, sarò così gentile da spiegarti la situazione, visto che tenerti all’oscuro non è più possibile».

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Classificazione: 5 su 5.

Traditori seriali

Leight ha sempre tenuto religiosamente alla larga gli uomini sposati. È quello che fa anche con Logan, il suo capo nell’azienda in cui lavora, quando tra loro inizia a emergere un’attrazione sessuale sempre più forte. Logan sul momento sembra d’accordo con lei, ma resistere è difficile: quando sono insieme tutto il resto scompare, resta solo un’attrazione incendiaria. Poi Leigh conosce un altro uomo, Alec, e la situazione si complica ulteriormente…
La storia di un’ossessione erotica e delle sue inaspettate conseguenze.

Sander indossava dei pantaloni classici, di cotone pettinato navy. Dalla mia posizione non potevo evitare di guardarlo a mezza altezza. Era proprio davanti ai miei occhi. E i pantaloni non erano aderenti, l’ho già detto, ma era impossibile non notare che lo portava a destra e che non era piccolo.
In certi momenti sembrava quasi bazzotto.
Cielo, dovevo smettere di guardarlo.
Ma come facevo?
Ero seduta sui miei talloni, sul cuscino di foamic, sul pavimento di parquet. Il busto eretto. Il mio vestito leggero iniziava a non nascondere che avevo i capezzoli sull’attenti. Mi sentivo una maniaca sessuale, era una reazione imbarazzante. Là sotto ero tutta umidiccia.
E Sander continuava a spostarsi qua e là, e a ogni passo la stoffa dei sui pantaloni si tendeva e aderiva a quel grosso wurstel un po’ gonfietto. O che comunque lo sembrava.
Forse mi stavo immaginando tutto io, okay.
Non capivo perché fossi stata presa da quell’attacco di libidine. Solo per aver notato un dettaglio anatomico, per quanto indecente? Era uno sbalzo ormonale dovuto all’ovulazione? Non mi era mai successo nulla di simile.
E Sander era un bel tipo, non dico di no, ma di solito non era il mio tipo. Con quel viso irregolare, quell’aria un po’ stazzonata? Di solito preferivo un modello dirigenziale-sportivo.
Eppure.
Ogni volta in cui mi passava davanti non potevo evitare di guardarlo lì. O di fissargli il culo, se era di spalle. Ma specialmente gli guardavo il pacco, gli occhi continuavano a tornarci. Lo visualizzavo stretto dalle mutande, costretto in una posizione un po’ scomoda. Immaginavo che premesse sulla stoffa e quasi lottasse per la libertà.

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Il giardiniere

Non è facile gestire un albergo a cinque stelle. I clienti sono esigenti e avanzano strane richieste. Il Blue Springs Hotel ha anche una spa e un grande parco, piscine termali, saune e boschi tutto attorno. Un vero paradiso… se sei un ospite. Courtney Staples è la direttrice e prende il suo lavoro molto sul serio. Specie ora, che l’albergo è stato acquistato da una catena internazionale e tutti si sentono un po’ sotto esame, Courtney si attiene a un codice deontologico molto preciso. Certo, c’è Mike, il massaggiatore che vuole sedurla a tutti i costi, e c’è Kovach, il nuovo giardiniere che fa sospirare tutte le clienti dell’hotel. È proprio con Kovach che Courtney rimane convolta in una sgradevole avventura, un episodio che è solo l’inizio di un’amicizia più profonda. Ma che fare se il giardiniere che hai conosciuto e per cui provi qualcosa ha un segreto e non è l’uomo che sembra? E se di segreti ne ha due?

“Quell’uomo”. Lo chiamo così perché da quando mi accorsi di lui a quando appresi il suo nome, per me fu semplicemente “quell’uomo”.
Quell’uomo era alto come un grizzly, con i capelli ispidi, le spalle possenti, il viso spigoloso. Le ospiti si voltavano per ammirarlo, mentre andavano verso le piscine. Le loro testoline avvolte negli asciugamani candidi si voltavano come in una coreografia, se quell’uomo stava potando le siepi lungo il viale che dal padiglione massaggi portava alla zona termale. Se il sudore gli incollava la maglietta alla schiena muscolosa, scatenava veloci tempeste ormonali. Alla vista del suo corpo scolpito dal lavoro, le signore inarcavano sopracciglia, sorridevano, si scambiavano occhiate e risolini.
Anch’io mi ero accorta di lui quasi subito, ma per altri motivi. Non ho mai avuto una mente frivola e in quel periodo tutti i miei pensieri erano occupati dall’imminente passaggio di proprietà, quindi non era stato per il suo aspetto fisico.
Avevo notato quell’uomo al suo secondo o terzo giorno all’hotel, una sera in cui aveva cacciato via da una delle piscine un gruppetto di ospiti adolescenti.

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Tra le braccia di uno sconosciuto

È una giornata di pioggia e Pete sta fumando una sigaretta fuori dall’officina dove lavora, quando gli corre addosso una ragazza. Skye, fradicia, piangente, disperata, con mille sacchetti dello shopping in mano e un aspetto “costoso”.
Pete le offre di usare il bagno dell’officina per asciugarsi e di chiamarle un taxi. Skye si stringe a lui e lo bacia, quasi lo costringe a fare l’amore con lei. Lì, su due piedi. Pete pensa che sia matta, ma è anche bellissima… la asseconda. Subito dopo lei scappa via, riprendendo tutti i suoi sacchetti tranne uno. Pete si ritrova con una gran confusione in testa e una borsetta di marca da restituire a quella sconosciuta fuori di testa. Ma lo è davvero? In qualche modo Pete sente che Skye è molto diversa dalla donna disperata che ha incontrato quel giorno sotto la pioggia…

Le aprì la porta del piccolo bagno.
«Ci sono degli asciugamani puliti in quell’armadietto» spiegò.
Lei si decise a rivolgergli un sorriso. Un sorriso incantevole, in realtà, fatto di denti bianchi e perfetti. «Grazie. Sei gentile. Io sono Skye».
«Io Peter. Cioè, in realtà sarebbe Petre, ma tutti mi chiamano Peter».
Skye prese un asciugamano, lo esaminò per qualche secondo con vago scetticismo, e iniziò a strofinarsi i capelli.
«Petre. Perché?».
«Sono nato in Georgia».
Lei aggrottò le sopracciglia. «Non sapevo che in Georgia…»
Peter rise. «Non la Georgia americana. Quella europea».
«Ah». E poi: «C’è una Georgia anche in Europa?».
Lui rise di nuovo. «E già. Anche se è un po’ in Asia. È sul Mar Nero, hai presente?».
«Come la Turchia?».
«Proprio».
«Ehm… wow. Si imparano sempre cose nuove. Senti, ti dispiace tenermi un attimo la giacca?».
Aveva già seminato attorno a sé i sacchetti, ora si sfilò il giacchino leggero senza aspettare che Peter assentisse.
Anche se lui non aveva niente in contrario.
Prese l’indumento fradicio, cercando di non bagnarsi a sua volta e, specialmente, di non macchiarlo di grasso. Skye si piegò sul lavandino e si sciacquò la faccia, un gesto che Peter capì solo fino a un certo punto. Era già quasi tutta bagnata dalla pioggia.
Il vestito bianco e dorato che portava sotto la giacca le si incollò alla schiena, rivelando la fascia del reggiseno. E quando si rialzò, in trasparenza… niente, la stoffa sottile e bagnata rivelò tutto, dall’ombelico di lei, al completo di pizzo bianco.
Peter la guardò come un imbecille.
La fissò del tutto disarmato, senza avere idea di che cosa fare.
«Non avete un phon?» chiese lei.
Peter scosse la testa.
Il bagno stesso era poco più di uno sgabuzzino, con un water, un lavabo, l’armadietto con i loro asciugamani e i loro ricambi, perché lavorare in un garage sporcava parecchio…
«Non puoi chiudere la porta? Solo un attimo?».
Peter retrocesse. «Sì, certo, non volevo…»
Skye lo tirò dentro per la felpa e chiuse la porta alle loro spalle. Peter si chiese che cacchio stesse succedendo, se lo chiese con queste esatte parole, ma poi il pensiero gli scivolò via dalla mente, perché Skye si era appena sfilata il vestito e lo stava strizzando nel lavandino in mutande e reggiseno.

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Classificazione: 4.5 su 5.

La camera delle fantasie

Clara Bale è uno squalo del mondo della finanza. Non si è mai concessa distrazioni amorose e sa non essere molto equipaggiata, dal punto di vista della sensualità. Quando il suo compagno le propone un esperimento erotico, finisce per accettare. Nella Camera delle Fantasie uno sconosciuto la inizia al piacere… e la fa vergognare di se stessa. Più tardi Clara scopre di essere stata manipolata e di essersi esposta al ricatto.
È per risolvere questo problema che si rivolge all’agenzia di Ivor Ashworth – un uomo così bello da sembrare impossibile. Clara si affida a lui, anche se è sicura che sia un bastardo narcisista. D’altronde non le serve un pasticcino, le serve un tizio in grado di risolvere i suoi problemi. Ma, conoscendolo meglio, Ivor non è come pensava. Sa essere comprensivo, protettivo e quasi affettuoso. E la porta a vedere in un modo diverso quello che ha provato nella Camera delle Fantasie… e a considerare il desiderio una sensazione piacevole, sempre più piacevole…

Clara sospirò.
«Ha ragione, Ashworth. E non è giusto. Anche tralasciando le ricadute personali… ognuno dei miei sottoposti penserebbe a me in un certo modo… a ogni riunione, no? Mi guarderebbe e vedrebbe l’immagine di me che… non so. Una di quelle immagini».
«Già» ammise lui. Deglutì piuttosto forte e Clara fu di nuovo consapevole di quanto fossero vicini.
«Anche lei, mh?».
Ashworth sembrò un po’ infelice.
«Cerco di non farlo. Spero che apprezzi l’onestà».
«E ci riesce?».
Lui sospirò.
«Quasi mai, no. Mi creda, mi dispiace molto per come è stata incastrata».
«Ma?».
«Ma in quelle foto è davvero… mh. Mi perdoni, se può».
Clara aprì la bocca. La richiuse.
Non aveva messo in conto che lui potesse trovarla eccitante. Per lei erano immagini umilianti, che la facevano sentire stupida e battuta.
Sorrise, divertita.
«In realtà… credo che mi abbia appena fornito un nuovo punto di vista».

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Mani calde, cuore freddo

Si può finire a letto con qualcuno senza averne l’intenzione? È quello che succede a Kerry Arveda, operativa della CIA alla prima missione sul campo. Il suo obbiettivo è scoprire se un’azienda di componentistica meccanica aggira le sanzioni internazionali verso gli “stati canaglia” e per farlo pensava di fare amicizia con Ethan Fairchild, uno dei dirigenti della compagnia. Ma le cose non sono andate come previsto, anche perché Ethan «non pratica il romanticismo» e il loro primo appuntamento si è trasformato in una sessione di sesso torrido. In un certo senso imbastire una relazione con lui è un modo come un altro per farsi portare in Europa con il gruppo incaricato di incontrare i clienti internazionali, in un altro… Ethan è la persona più fredda del mondo, incredibile a letto, ma senza cuore. Oppure no? Forse le cose non stanno proprio come sembrano… in tutti i sensi.

Come descrivere quei venti minuti o poco più? Probabilmente fu l’esperienza più strana della mia vita. Quando ero piccola e mia madre tornava a casa nei freddi inverni dell’Indiana, mia nonna le stringeva le mani per scaldargliele e commentava sempre, in italiano: “Mani fredde, cuore caldo”. E mia madre il cuore caldo lo aveva davvero, dato che lavorava come una pazza, come anche mio padre, per pagare gli studi a me e a mia sorella.
Ecco, avrei scoperto di lì a poco che Fairchild era esattamente il contrario.
Salii con le ginocchia sul divano e lui si tolse la giacca.
Lo guardai un po’ perplessa. Lui non guardò me, non negli occhi, ma fece di nuovo una specie di carrellata sul mio corpo.
Ragazzi, se non è una situazione assurda questa…
Si allentò la cravatta, se la sfilò e la posò sulla giacca. Si slacciò i primi due bottoni della camicia. Mentre lo faceva, disse: «Tirati su la gonna, dai».
Deglutii.
Adesso mi sveglio. Per forza. È troppo, troppo strano…
Portavo una gonna grigio scuro, da ufficio, dei collant e delle ballerine nere. Sopra avevo una maglia elasticizzata, niente di speciale.
Mi tirai su la gonna. Cioè, iniziai a farlo, ma fu lui a concludere il gesto. Io mi sarei fermata, credo… subito sotto al sedere. Lui me la tirò su del tutto, appallottolandola attorno alla mia vita. Avvampai di vergogna.

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Magnum Opus

L’alchimia del piacere 3

Qualcosa è andato orribilmente male. La profezia non si è avverata, la natura della Soglia non è cambiata e i quattro protagonisti della trasformazione alchemica sono stati risputati sulla Terra come semplici esseri umani, soggetti agli insulti del tempo e delle malattie. Sono passati sei mesi da quel giorno e Amintha non può sopportare che Nathaniel invecchi e muoia davanti ai suoi occhi.Vivian si macera nel senso di colpa per essere stata l’involontaria causa di tutto quel dolore e nessuno sa dove sia Rahel.Nel contempo, in un parco della città, un senzatetto muto viene avvicinato e aiutato da una volontaria, Casey. Il senzatetto si è guadagnato il nomignolo di “Quello Bello” tra gli operatori della charity, ma chi è? Da dove viene? E che cosa l’ha reso indifferente a tutto?Le loro strade dovranno di nuovo incrociarsi… nell’alchimia del piacere.

Lucien ignorò entrambi. Slacciò altri bottoni della camicia di lei, fino quasi ad aprirla tutta, e le tirò fuori il seno dalla coppa del reggipetto. Casey si sentì arrossire disperatamente e sprofondò la faccia nel suo dolcevita.«Lucien…» disse, di nuovo.
Lui le pizzicò il capezzolo.«Se per qualche ragione questo mio stato di eccitazione dovesse dispiacerti, ti prego di ricordare che è questa la condizione che ci vuole per la poesia, e della poesia solo m’importa. La poesia è ciò per cui vivo» replicò, con il suo forte accento francese.
«John Keats, addirittura» giunse il contrappunto beffardo della voce di Amintha, dal sedile anteriore. «Se inizia a citare de Sade è il caso che ti preoccupi, tesoro». Lucien sbuffò.
«La virtù non conduce ad altro che all’inazione più stupida e più monotona, il vizio a tutto ciò che l’uomo può sperare di più delizioso sulla terra» disse. «Ecco de Sade».
Amintha rise.
«E siamo ancora tutti vivi, eh?».
«Oh, smettila» fece Nathan, dandole una spintarella scherzosa. Nessuno sembrava far caso al fatto che Lucien stava palpando il seno nudo di Casey.
«Non ascoltarla, vecchio mio. Sai che cosa ha fatto, subito prima di… insomma, del nostro incidente? Ha comprato un quadro che avevate nella vostra vecchia casa alle porte di Parigi. Non è romantico?».
«Lui era ancora morto» specificò Amintha. «È più facile provare nostalgia per chi è morto».

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Imprese erotiche di una spia a contratto

Lolie Sebastien, spia freelance al servizio del miglior offerente, sa come sfruttare le sue molte doti: un viso d’angelo, nervi saldi e nessuna traccia di un cuore. Anche se poi quest’ultima cosa non è vera. Un cuore ce l’ha, solo che l’ha dato all’uomo sbagliato, una spia britannica a cui di lei non importa niente. Finché non incontra Zoran Brković, agente segreto anche lui, ma fatto di tutt’altra pasta. Di missione in missione, di paese in paese, di rivolta in rivolta, di guerra in guerra, Lolie e Zoran si inseguiranno in una danza sensuale e pericolosa, dalla quale entrambi usciranno cambiati, forse per sempre.

«Nel suo profondo, credo che Zoran Brković sarà sempre un soldato» mi disse Quinn, la prima volta che mi parlò di lui. «Esegue gli ordini senza fare domande. Be’, perché non gli interessano le motivazioni, probabilmente, ma comunque… È disciplinato, ordinato. Quando lo vedi per la prima volta ti fa una strana impressione, ma non è sgradevole. Più lo guardi e più ti abitui a lui. Alla fine potresti persino trovarlo bello».
«Non vedo che cosa c’entri, Quinn. Ne parli come se dessi per scontato che ci andrò a letto» risi io.
Lui mi rivolse un sorriso a metà. «Be’, è un po’ la tua tecnica, no? E intendiamoci… non ho niente in contrario. Anzi, mi piace. Mi piace avere tra gli operativi una un po’ ninfomane come te, Lolie Sebastien».
«Bene, poniamo che me lo porterò a letto. A parte questo che cosa…»
«È nato in Serbia trentasei anni fa. Fatti un paio di conti e capirai che non ha avuto un’infanzia particolarmente felice. Subito dopo la fine del conflitto si è ficcato nell’esercito… soldati addestrati dalle truppe NATO, hai presente. Profilo esemplare, ottimo cecchino, ma quelli non erano paesi per uomini ambiziosi, allora meno di ora. Si è dimesso e ha iniziato a lavorare a contratto».
«Per il miglior offerente?» chiesi. Mi ricordava qualcuno.
Io.

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Classificazione: 4.5 su 5.

Come febbre

Durante un attacco non riuscito alla fortezza dell’Imperatore Bianco, Selina, combattente della casta delle guerriere, viene sbalzata a chilometri di distanza da una magia dei suoi stessi alleati. Con lei, l’imperatore stesso. Dispersi in un territorio freddo e ostile, infestato da molti pericoli, si rendono conto che sopravvivere potrebbe rivelarsi difficile, se non impossibile. Con la morte che incombe, cercano conforto l’uno nelle braccia dell’altra, pensando di non superare la nottata. Le conseguenze di quella notte diventano evidenti nove mesi più tardi, quando ognuno è tornato alla sua vita. L’imperatore scoprirà che suo figlio, il suo erede, è nato tra i suoi nemici e che la donna con cui ha affrontato la morte è ormai, e di nuovo, a sua volta una nemica. Sa di non poterle dimostrare alcuna pietà, né lei potrà perdonarlo per le sue azioni, ma la particolare febbre sensuale che c’è tra loro non si è mai sopita…

Johan la scosse con la punta di uno stivale. «Non ti addormentare così. Morirai».
«Ho freddo» rispose Selina, con voce debole.
L’altro si stiracchiò. «Sì, anch’io». Si allungò davanti a lei e la tirò verso di sé. Intrecciò le gambe alle sue, mentre Selina gli si accoccolava sul petto.Per qualche minuto non cambiò nulla, poi iniziò a sentire un vago tepore. Il panciotto di raso di lui iniziò a essere tiepido, come i suoi pantaloni.
«Sei fredda come una rana» disse Johan. Sbuffò e armeggiò con la propria cintura. «Così non basta. Stai ferma. O, anzi, meglio: divincolati».
Selina ci mise mezzo secondo a capire che cosa stesse succedendo, non di più. In quel mezzo secondo l’altro le salì sopra e le allargò le cosce con i fianchi.
«Non ci provare» ringhiò lei.

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Classificazione: 5 su 5.