Lo scapolo d’oro

Caleb Byrd è ricco e arrabbiato con il genere femminile. Dopo la firma di un accordo milionario, mentre beve un aperitivo a bordo piscina in un hotel a cinque stelle di Manhattan, scommette con il suo avvocato che una qualunque delle donne che in quel momento prendono il sole davanti a loro sarebbe disposta a passare una notte con lui, per una cifra adeguata. E la cifra, in realtà, è stratosferica: un milione di dollari, come nel famoso film. Anche le clausole non sono da meno, però: per un milione la prescelta si impegna a soddisfarlo fino all’ultimo capriccio. Caleb vince la scommessa e come previsto la notte dopo la ragazza che ha scelto a caso attorno alla piscina si presenta nella sua suite. Anche la notte va come previsto… o quasi. Cinque anni più tardi Caleb si troverà ad affrontare le conseguenze impreviste di un gesto avventato… e la sua vita di scapolo d’oro cambierà per sempre.

Caleb fece un gesto vago nell’aria. «Era una scommessa» precisò.«E l’hai vinta o l’hai persa?» chiese lei, lasciando la borsa sul divano.
«L’ho vinta. Avevo scommesso che qualsiasi donna attorno alla piscina dell’hotel… be’, lo sai».
Leah, lì, rise e andò verso di lui con passo deciso. «È un’idea un po’ maschilista, anche se forse non sbagliata. Be’? Che devo fare?».
I suoi occhi blu brillavano di divertimento, cosa che in un certo senso rassicurava Caleb. Se avesse visto che era preoccupata, imbarazzata, o persino disgustata avrebbe avuto dei problemi a portare fino in fondo la scommessa.
«Non so» disse, con un sorriso appena accennato. «Lasciarti scopare, presumo».
«Fin lì ci ero arrivata» rise lei. Si fermò esattamente davanti a lui, fissandolo negli occhi. «Prenditela con calma, cowboy. Rispetterò il contratto alla lettera, ma mi serve qualche minuto per entrare nella prospettiva giusta».
Gli prese le mani e se le portò sui fianchi.Caleb pensò che era troppo diretta, persino un po’ intimidente, ma sentì anche la carne soda dei suoi fianchi e questo gli fece un’impressione… forte. Più forte di quello che si sarebbe aspettato. Si rese conto che la prospettiva di fottere una tizia di cui conosceva solo il nome per lui era profondamente eccitante. Non sapeva dove posizionare con esattezza i soldi, in quello che sentiva, ma avevano una parte anche quelli.
Le infilò le mani sotto alla maglietta, reggendo il suo sguardo. Divertito, ma anche piuttosto deciso, a quel punto. Accarezzò la sua pelle e strinse leggermente, tirandola verso di sé.
La brunetta, Leah, gli si appoggiò contro e gli leccò il collo.A quel punto l’escalation fu piuttosto veloce, per Caleb.

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Classificazione: 4 su 5.

Il signore della guerra

Quando l’esercito nevariano attacca la città di Melita Sharrane lei capisce che la sua vita privilegiata è finita. Viene portata via e sta per finire nelle mani di un manipolo di soldati quando un cavaliere dell’esercito nemico la salva dal suo destino. Ma poi Lord Epsos l’ha davvero salvata? Inizialmente sembra che l’abbia semplicemente resa una schiava con cui divertirsi come vuole… o forse no. Senza più una casa né una famiglia Melita non può fare altro che fidarsi di quello sconosciuto. E presto dovrà trovare la risposta a una domanda difficile: si può provare attrazione per il proprio nemico?

Alzò la testa e le sue labbra trovarono le mie. «Continuo a desiderarti. Non riesco a smettere. E dentro di me so che voglio ancora una volta… sfruttare la mia posizione. Ordinarti di giacere con me. Prenderti fino a essermi tolto la voglia e pazienza se tu non mi desideri. È questo a farmi sentire in colpa. Non ne verrebbe niente di buono. Non avevi mai visto un uomo. Non sapevi neppure che cosa fosse il mio seme. Non hai mai voluto stringerti a qualcuno… non per affetto o conforto, ma per desiderio. Non hai mai provato piacere con qualcuno… forse neppure da sola. Ho distrutto la tua città, ti ho strappata alla tua famiglia, ti ho resa una schiava… e ora voglio prendermi pure la tua innocenza. Prima o poi lo farò, mi conosco».

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Classificazione: 4 su 5.

Progettata per il piacere

Evet è una pseudo-umana, fa parte di uno stock di ottanta cloni destinati alla prostituzione. Simile a ogni altra donna, ha delle caratteristiche genetiche che la rendono… molto piacevole nell’intimità. Negli ultimi mesi è stata sull’asteroide minerario Uruk, il posto più duro della galassia o quasi. Quando la miniera viene visitata da un membro dell’Assemblea Evet non sa che la sua vita sta per cambiare. Ason Rodray è un post-umano, un essere dall’aspetto inquietante, trasformato per il suo ruolo, che sta ancora piangendo la propria umanità. Noleggia Evet per una sera, ma le cose non vanno come previsto… e il loro incontro sarà solo l’inizio di una storia di intrighi politici, lotta ai pregiudizi e passione.

«Potreste sedervi sul letto» disse. «Penserò io a tutto».
Il post-umano obbedì, docile.Evet si inchinò ai suoi piedi e gli sfilò gli stivali. Poi si rialzò e si avvicinò ancora, si tirò lentamente su l’orlo della lunga veste bianca, sottile e impalpabile, fino a scoprirsi le cosce. Avanzò ancora, allargando le gambe e restando in piedi davanti a lui, con il seno vicino al suo viso. «Volete aiutarmi a spogliarmi?» chiese.
Ason Rodray la guardò dal basso verso l’alto. Non sembrava molto convinto. Le posò le mani sull’esterno delle cosce, in alto, quasi accanto al sedere. «Che cos’hai di diverso?».
Evet rise sottovoce, maliziosa. «Dovreste accorgervene da solo tra poco, eccellenza».
Rodray spostò una mano, infilandola sotto al vestito di lei. La appoggiò a coppa sul suo sesso. Se fu stupito di trovarlo nudo non lo diede a vedere. La solleticò con le dita. Si portò la mano al naso e annusò una volta. «Roba tua?» chiese.
Evet deglutì. Era… strano. «Sì, eccellenza. Devo essere felice di essere con lei».
Rodray inarcò un sopracciglio e le rivolse un sorriso un po’ sarcastico. «Devi essere geneticamente modificata, piuttosto».
Lei si strinse nelle spalle. Non era particolarmente felice di quell’esame. Non le piaceva che le ricordassero che era stata progettata per dare piacere ai maschi di tutte le specie.
Ma Rodray sembrava incuriosito. Le sfiorò un capezzolo al di sopra del vestito e lo osservò indurirsi all’istante. «Anche questo, mh?».
Evet annuì, sperando che la smettesse.Rodray si allungò verso di lei e iniziò a succhiarle un capezzolo attraverso la veste. La mordicchiò delicatamente ed Evet pensò bene di sospirare.
«Ti piace?» chiese lui.
«Oh, sì, eccellenza» miagolò lei.
Lui sbuffò. «Quindi “no”. Sono solo curioso. Non…» Si fermò, cercando le parole migliori. «Sei così bella che per me non cambia nulla, capisci? Ed è una vita che non sto con una donna».
Le infilò di nuovo una mano sotto al vestito. Questa volta la penetrò con un dito. Evet non sapeva se gemere oppure no. Nel dubbio gemette di piacere. Lo strinse, massaggiandogli gradevolmente il dito.Rodray sorrise. «Wow».

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Classificazione: 5 su 5.

Sulla parola

Erin lavora nell’ufficio per la libertà sulla parola della contea, un lavoro che sua madre continua a definire “di merda”. E, in effetti, provare a far reinserire nella società i criminali appena usciti di galera non è una passeggiata. Quando Walker arriva nel suo ufficio non sembra un caso facile. È un rapinatore, uno che ha fatto dentro e fuori dalla prigione per tutta la vita. Ma dice di aver intenzione di cambiare e Erin gli dà una possibilità. Poi anche più di una possibilità…

La seguì in camera come… sì, più o meno come un cane lupo che stringe le tue ciabatte in bocca e te le vuole assolutamente consegnare di persona, tutte amorevolmente sbavate. Nel caso di Walker le ciabatte erano un pacchetto di preservativi, che non le consegnò ma lanciò sbrigativamente sul comodino.
Poi polverizzò ogni record di preliminari. Non che Erin fosse un’estimatrice assoluta del prendersela con calma – anche perché la maggior parte dei maschi era penosa, quando si trattava di scaldarti per bene prima di iniziare – ma non aveva mai assistito a un disbrigo più rapido di quella che Walker evidentemente considerava una formalità.
Quindi, tanto perché restasse agli atti, la baciò.A Erin il cuore iniziò a battere come un tamburo, ma Walker era già passato al preliminare numero due, che poi consisteva nel palparle le tette intanto che si liberava della camicia di lei.Erin si trovò sul letto senza avere idea di come ci fosse finita e scoprì che Walker le stava sfilando anche jeans e slip in un unico gesto.A quel punto ci fu una specie di preliminare numero tre, quando lui le aprì le cosce. Cioè, probabilmente bisognava essere grati per le piccole cose: gliele aprì con le mani invece che direttamente con i fianchi…

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Classificazione: 4 su 5.

Vendetta

The New Little Black Chronicles

Che cosa ci fa Tyr, l’albino millenario, in una delle peggiori favelas di Rio de Janeiro? Quale terribile perdita l’ha convinto a partire per una missione vendicatrice solitaria? A chi sta dando la caccia? Tra la desolata umanità di una Rocinha in bilico tra la redenzione e il disinteresse delle autorità, Tyr è pronto a giocare a un gioco molto rischioso, con l’unico aiuto di una prostituta minorenne già disillusa dalla vita e di una poliziotta che crede in una favela libera dal controllo dei narcotrafficanti. Nessuno di loro uscirà uguale a prima dal gorgo pericoloso e sensuale di Rio…

Quindi, dopo tutto, Tyr voleva quello che volevano tutti. Lana si disse che non importava: le aveva salvato la vita, si era preso cura di lei e le aveva persino comprato cibo e vestiti. Inoltre, vendeva quello che Tyr ora voleva sette giorni su sette a chiunque pagasse… dov’era il problema?
Salì sul letto con le ginocchia e si sfilò la canottiera. La buttò da un lato, per poi slacciarsi il bottone dei pantaloni.
«Vieni qua» ripeté Tyr.
Lana si chinò su di lui, chiedendosi che cosa avesse il mente quel tizio incomprensibile. Come scoprì un istante dopo, niente di strano: allungò la testa per prenderle un capezzolo tra le labbra. Lana sentì la sua lingua solleticarla leggermente e…
Quello che avvenne subito dopo fu… impossibile. Fu come se dal punto in cui la bocca di Tyr le leccava delicatamente il capezzolo si diramasse una corrente di puro piacere. Quel piacere violento e sempre più inspiegabile si diffuse nel suo corpo come un’onda formicolante.Lana perse l’equilibrio e cadde addosso a Tyr, o meglio, gli sarebbe caduta addosso se lui non l’avesse afferrata fulmineamente per le braccia, adagiandola sul materasso.
Un primo sospiro di piacere sfuggì dalle labbra di Lana. Era inspiegabile, era… doveva averla drogata o qualcosa del genere. Doveva aver messo qualcosa nella feijoada… perché lei non godeva mai con i clienti, e in realtà non godeva mai in generale, quindi quello che le stava succedendo era…
«Inevitabile, credimi» mormorò Tyr.

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Classificazione: 4 su 5.

Dietro alte mura

Anna Aextesia è nata e cresciuta in una delle Alte Fortezze, antiche roccaforti costruite in cima a pinnacoli artificiali durante le ultime Guerre. Le Guerre sono finite e ormai da un secolo regna un’instabile pace, quindi l’antica e nobile famiglia Aextesia non ha più un ruolo. Finché ad Anna non viene chiesto di esaminare un prigioniero particolare, un sicario che ha ucciso decine di volte al soldo dei paesi nemici, un Senza Nome sulle cui origini non si sa nulla.Il loro sarà un incontro di mondi, prima ancora che personale. Mondi all’antitesi che non avrebbero mai neppure dovuto sfiorarsi…

«Adesso capisce che cosa intendo?» chiese.
«Certo» risposi, calma, malgrado il cuore mi martellasse ancora nel petto come un tamburo. «Ho capito che non vuole essere sottovalutato solo perché si comporta in modo educato. E che vuole ribadire che anche lei è un professionista, anche se in una disciplina diversa dalla mia. Voleva anche dirmi» aggiunsi «che non le piace essere considerato malato o bisognoso di aiuto. Ecco che cosa ho capito».
DeVrai mi lanciò un’occhiata dura. «Ha capito questo, eh?» disse.
Mi alzai e andai a sedermi davanti a lui, come il mister con un ragazzino della sua squadra. Gli appoggiai le mani sulle ginocchia e lo guardai negli occhi.
«Mi lasci fare a modo mio» gli chiesi. DeVrai appoggiò le sue mani sulle mie. «E mi chiedevo… ha funzionato?» mormorò.
Non distolsi gli occhi dai suoi. Il momento si allungò e diventò sempre più strano, sempre più pauroso e sempre più coinvolgente. Fu come se tutti i nostri discorsi si solidificassero tra noi e creassero un momento sempre più denso. Un momento in cui si raccolse l’energia cinetica dei movimenti di poco prima, del contatto dei nostri corpi, della forza della sua dimostrazione, con cui aveva spostato il baricentro della nostra relazione, che io lo volessi o meno, ricordandomi che lì dentro il più forte era lui.
Fu il momento che temevo. DeVrai mi guardava e io non osavo distogliere gli occhi dai suoi, ma i capezzoli mi si indurirono, letteralmente, e mi eccitai come una scema. Sentii il mio sesso che si dischiudeva e si riempiva di umori. Non abbassai lo sguardo. Non lo fece neppure DeVrai. Continuammo a guardarci come se stessimo giocando al gioco del silenzio, ma percepivo il suo torace che si alzava e abbassava e in qualche modo sapevo che era eccitato come me. Capivo di dover uscire da quella situazione, anche se era difficile separarsi dalle sensazioni che provavo. Erano forti, eccitanti, pericolose.
Annuii lievemente. «Sì» risposi alla sua domanda. «Sì, ho capito».

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Classificazione: 3 su 5.

High School

Kartika è all’ultimo anno delle superiori. Il suo è uno dei quartieri peggiori di Charlotte, con un alto tasso di abbandono scolatisco, i baby gangster e fin troppe ragazze-madri, ma Kartika è decisa a ottenere la borsa di studio che la porterà via di lì, verso un futuro migliore. Sul suo cammino il nuovo direttore della scuola, Edward D. Ford. Edward è giovane, progressista, ambizioso… e intende aiutarla sul serio. È anche bello e sexy da impazzire e Kartika prende quasi subito una sbandata per lui. Sembra un’attrazione non corrisposta, un amore senza speranza, ma forse, lasciando tempo al tempo…

Fu come veder crollare un edificio da una certa distanza. Vedi una nube, poi senti un tonfo e solo dopo l’edificio collassa.Lo stesso fu con lui. Prima rispose al mio bacio, poi mi posò le mani sui fianchi, poi mi tirò su prendendomi per le natiche e barcollò verso il divano. Si piegò su di me, con un ginocchio tra le mie cosce, baciandomi, leccandomi e mordicchiandomi collo e spalle.
Finalmente vidi il suo desiderio e la cosa mi infiammò completamente. Gli strattonai via la camicia senza sbottonarla, gli slacciai i pantaloni. Mi liberai di leggings e stivali e mi strofinai senza pudore contro il suo pacco.
Lui rise. «Cristo» borbottò, stringendomi una tetta.Gli tirai giù i pantaloni, facendogli scivolare le mani sulle chiappe. Avrei voluto dirgli di scoparmi in tutti i modi, togliendosi ogni possibile sfizio, ma non ne avevo il coraggio. Così mi limitai a gemere e a cercare il suo sesso con una mano.Lo trovai, grande, duro, caldo… pronto.

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Classificazione: 4 su 5.

Segretaria personale

Quando Candace viene assunta come segretaria in una compagnia di assicurazioni non si aspetta che il suo nuovo capo la affascini al punto da concederglisi senza la minima resistenza. Ma Russell Wright ha qualcosa… qualcosa che Candace non riesce a mettere a fuoco. Apparentemente è uno squalo egoista e insensibile, ma è anche in grado di accenderla come mai nessuno prima. La loro comincia come una relazione senza affetto, basata solo sull’attrazione fisica. Nessuno dei due vuole coinvolgimenti emotivi… o forse nessuno dei due lo vuole ammettere.

«Si metta sul divano».
Nel suo ufficio non c’erano divani, quindi Candace tentennò un attimo, prima di andare verso l’altra stanza, il salotto. Anche qua le luci erano smorzate.
Si sedette sul morbido divano di pelle. Nonostante tutto non era ancora sicura di che cosa volesse Wright da lei. O meglio… sembrava esserci un’unica soluzione, ma per qualche motivo le sembrava incredibile.
Per qualche minuto se ne restò seduta lì, in silenzio, mentre lui, nell’altra stanza, finiva di guardare qualsiasi cosa stesse guardando. Poi Wright comparve sulla porta, con un bicchiere in mano.
Si avvicinò e glielo porse. Sembrava distaccato come suo solito. «Forse vuole bere un sorso?».
Candace scosse la testa. Wright, per la prima volta da quando era rientrata, le rivolse un sorriso. Minuscolo, più sarcastico che ironico. Buttò giù lui un sorso di whisky o di quel che era, per poi posare il bicchiere su un tavolino.
«A quattro zampe andrebbe bene» le disse, tornando a guardarla.
Candace ne fu quasi delusa. Quindi era quello, sul serio. Tutto lì. Non era nella condizione di tirarsi indietro, ormai, e sinceramente non le importava nemmeno. Wright non aveva niente di ripugnante, si poteva persino considerare bello.
Si alzò e risalì sul divano, questa volta con le ginocchia. Poi posò anche le mani sui cuscini di pelle. Una parte di lei le diceva che doveva essere matta. Lasciarsi scopare così, da uno sconosciuto?
“Be’, non è uno sconosciuto.”
Le riflessioni di Candace furono interrotte da un movimento alle sue spalle. Il divano si incurvò per il peso di Wright. Subito dopo sentì le sue mani che le tiravano su la gonna. Delicatissime, quasi impalpabili. La tirarono su fino alla vita, scoprendole le gambe e il sedere.
Un altro attimo di immobilità, poi Wright le tirò giù anche i collant e gli slip, insieme. Non li lasciò cadere alle ginocchia, ma si limitò ad abbassare tutto giusto al di sotto del sedere.
«Forse le servono un paio di minuti per prepararsi?» le chiese lui.
Nella sua voce c’era un accento nuovo, per quanto quasi impossibile da percepire. Il suo normale tono basso era anche leggermente arrochito. Era eccitato? Per qualche motivo il pensiero mandò giù per la colonna vertebrale di Candace un brivido caldo, piacevole, sensuale.
Allargò appena le cosce. «No, non mi servono» disse.

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Classificazione: 4 su 5.

Quel bravo ragazzo

Il compito di Janet Bellini sulla carta non è difficile: portare una bozza d’accordo a un capo-clan pronto a pentirsi, farglielo firmare a tornare alla procura federale. Angelo Balistreri si sta nascondendo con l’intera famiglia in un compound estremamente protetto a nord dello Stato di New York. Sembra che nulla possa andare storto, ma quando Janet e il suo collega arrivano sul posto la villa viene colpita a colpi di lanciarazzi. Janet si trova a dover proteggere Angelo Balistreri e la sua famiglia dagli attacchi delle famiglie rivali, che vogliono azzittirlo prima che testimoni contro di loro. Non è un compito semplice: Angelo è paranoico, preoccupato e nutre una profonda sfiducia nel genere femminile. Le donne, per lui, servono solo a una cosa e non fa mistero delle sue idee. Il problema è che Janet lo trova attraente… primitivo, ma sexy da morire. E Angelo non ha mai rifiutato una “femmina” in vita sua…

Janet uggiolò di dolore, ancora scossa dal piacere, e Balistreri si sfilò, per poi caderle addosso.
«Quindi… agente Bellini, ce l’hai un nome?».
«J-Janet» rispose lei, un po’ perplessa.
Lui le leccò il collo. «Piacere, Angelo. Lasciamoci alle spalle i brutti momenti e cerchiamo di uscire vivi da questa storia. Fino a poco fa ti consideravo sacrificabile, ma negli ultimi minuti ho deciso che il tuo culo merita di essere preservato. In senso letterale».
Lei sospirò. «Bene. Molto romantico».
Angelo le lanciò un veloce sorriso. «L’ultima donna con cui sono stato romantico è saltata in aria».

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Classificazione: 5 su 5.

Victorian erotic

La macchia dell’immoralità

Londra, 1891. Elisabeth Currant è l’amante di Sir Louis Roswell Spencer da tre anni. Lo ama immensamente, ma la loro relazione non sembra avere sbocchi ed Elisabeth sa che prima o poi dovrà finire. Poi, l’inaspettato: la moglie di Louis, con cui lui non parla da tempo, muore di parto e Louis dà il via a una sorta di folle indagine per capire chi sia il padre del bimbo. Elisabeth, sballottata tra i propri sentimenti e quelli di lui, dovrà riuscire nell’impresa più difficile di tutte, combattere per la serenità dell’uomo che ama… mentre la passione rischia di travolgerla.

Dopo Oscuri abissi di desiderio una nuova indagine nell’erotismo vittoriano per Elisabeth e Sir Louis.

Mentre parlavamo iniziò ad accarezzarmi l’esterno della coscia, sovrappensiero. O forse era un modo per scaricare la tensione. Di certo non pensava a eccitarmi, in quel momento, anche se confesso che iniziavo a trovare il contatto dei nostri corpi piuttosto stimolante, quasi erotico.
«“Louis” niente» continuò lui. «Sono di vedute ampie, lo sai, ma dovrei riconoscere il figlio di un altro? Che lo faccia lui, chiunque sia».«Sei troppo arrabbiato per ragionare».
Lui sbuffò, ma finì per rivolgermi un sorriso vagamente dispettoso. «Sì, sono arrabbiato. Hai ragione, è naturale». Mi baciò un seno, al di sopra del vestito. «Sono arrabbiato e leggermente eccitato. Non ho idea di come sia possibile. Piccola, hai i capezzoli duri».
Non risposi, visto che non potevo negare che fosse così e non c’era bisogno di commentare la cosa. Louis mi baciò di nuovo un seno e lo mordicchiò anche leggermente.
E il suo tocco, la sua bocca, sentire che mi desiderava… per me era e sarebbe sempre stata la sensazione più bella del mondo. La sua mano scese fino a raggiungere la mia caviglia e poi risalì lentamente al di sotto della gonna. Sentivo il suoi polpastrelli sfiorarmi la pelle, raggiungere la fascia delle mie calze e salire ancora. Nel farlo aveva sollevato anche la gonna, ma era ampia, così il resto delle ruches confondeva le acque.

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Classificazione: 4.5 su 5.