La dama misteriosa

Alla magia Danais ha dovuto rinunciare per mancanza di soldi. Abbandonati gli studi, si è trovata a lavorare in una locanda nella Daron vecchia, locanda che ha poi ereditato. Anni dopo la sua vita non è male. Ha delle certezze, una routine di cui fa parte anche Methral, l’ex guardia reale che da tempo vive in una stanza della locanda. I loro incontri sono semplici, senza fronzoli sentimentali, anche perché Methral è invischiato con un’altra donna, una nobile che non gli concederà mai niente, ma a cui lui è incrollabilmente devoto.
I patti tra loro sono sempre stati chiari e Danais lo sa. Ma che cosa può farci se, a forza di frequentarlo, si è innamorata di Methral? Come convincerlo a rinunciare alla sua lady e ad accorgersi finalmente di lei? Forse proprio una dama misteriosa potrebbe aprirgli gli occhi…

«Vorrei proprio sapere come si fa» borbottò Danais, scuotendo la testa.
Pyria, che aveva assistito alla scena dalla cucina, emise una risata sarcastica. «La padrona ha chiamato?»
Lei annuì. «E io vorrei sapere… vorrei solo sapere, come si fa a tenere un uomo così per le palle. Guarda, non mi riferisco neanche a Methral, chi se ne frega di Methral. In generale. Come si fa, qual è il segreto? Gli ha creato guai a non finire e lui continua ad accorrere a ogni suo cenno».
«Lo paga, peraltro» considerò Pyria.
Danais gli lanciò un’occhiata di compatimento. «Sappiamo entrambi che accorrerebbe anche se non lo pagasse. La volta in cui l’ha messo contro il comandante della Guardia Reale? È finita in duello e non l’hanno impiccato solo perché il comandante non l’ha denunciato».
«Me lo ricordo».
«Senza un motivo, tra l’altro. Per un non meglio precisato affronto al suo nome».
Pyria sorrise. «È un nome che ha subito molte traversie».
«Nel senso che è già al quarto cambiamento?»
«Tra l’altro».
Le Doux era il terzo marito di dama Medeia, che era rimasta vedova ben due volte. Come fossero morti i primi due sposi era oggetto di speculazione, ma erano speculazioni sussurrate, dato che chiunque osasse fare insinuazioni a voce alta si trovava alla gola la spada di Methral.
«E come dimenticare l’episodio del suo “rapimento”?»
«Se ricordo bene, si scoprì che era solo fuggita con un cavaliere di passaggio e per non far passare da cornuto il marito… il secondo marito… se n’era uscita con la faccenda del rapimento. Fu Methral a combattere con il cavaliere».
Danais sospirò. «Già, infatti. Per questo mi chiedo… nonostante tutti i brutti scherzi che gli ha combinato, vedi? Lei chiama e lui accorre. Come fa?»
«Eh, sai…» Pyria fece un gesto vago.
«Non dirmi “è bella”. Il mondo è pieno di belle donne e non tutte hanno un simile potere. Sarà una maga? In segreto?»
«Ma no. È solo… come spiegarlo a una femmina?»
Danais si limitò a inarcare un sopracciglio.
«Medeia è l’archetipo della dama misteriosa. Della dark lady. Della femme fatale».
«Scusa?»
«Affascinante e impossibile. È quello a intrigare gli uomini. Siamo onesti, non gliela darà mai. E non perché sia una vergine vestale, o anche solo fedele a suo marito…»
«Ecco, appunto».
«Sì, appunto. La darà a tutti tranne che a lui, ma gliela farà annusare. Lui continuerà a sperarci ed è così che lei lo terrà in pugno finché campa. Non c’è guinzaglio più solido dell’amore non corrisposto».

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Classificazione: 3.5 su 5.

Goldflayer

Gli esploratori delle ombre Vol. 2

Evergar Wilds, il continente perduto. La spedizione shadenar è arrivata da un mese e nulla è facile. Come previsto, d’altronde: il loro non è un lavoro da dilettanti allo sbaraglio. A guidarli hanno Lynx Nightshade, il più abile e cinico dei professionisti. Morto da più di settant’anni, si è fuso con un’entità esoterica che vive tra i mondi. Ora la tautecnologia di Shaden l’ha riportato in vita… e lui e Meriel sono diventati molto vicini.
Ma la situazione politica nelle Evergar Wilds è impegnativa. Le due principali nazioni sono in guerra e c’è una terza parte, una popolazione che si nasconde nei boschi e che pratica una forma rudimentale di magia. In un mondo ostile e spaventoso, con un alleato (e amante) di cui non sa se fidarsi, per Meriel la sfida più impegnativa sarà quella contro se stessa.

Mi stiracchiai sotto alle coperte e Lynx mi accarezzò un fianco. «Sei bella, al mattino. Non dovrei perdermelo così spesso».
«Di’ pure sempre» borbottai, infilando anche la testa sotto.
«Okay, diciamo sempre. Sono un tipo mattiniero». Spense il pad e lo posò di lato, sullo schienale di un sedile, poi scivolò sotto anche lui.
Mi trovai il suo naso a un millimetro dal mio.
«Lynx, io penso che tu sia bipolare» gli dissi, serissima.
Lui appoggiò la fronte alla mia. «Un po’ impegnativo, forse» minimizzò.
Risi. Gli accarezzai una guancia, scompigliandogli il pizzetto. «Sei contorto. E manipolatore. E insensibile. E a volte sei semplicemente stronzo».
«Ma ho dei begli occhi?».
«Ma ti amo».
Lui posò la guancia contro la mia. «Anch’io, a modo mio. Ma, tanto, non mi credi».
Era vero, non gli credevo. La sera prima stava per uccidermi. Non ero ancora del tutto convinta che fosse un bluff.
Posò il corpo contro il mio. «Uno di questi giorni dovrò dimostrartelo».

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Classificazione: 2 su 5.

Nightshade

Gli esploratori delle ombre Vol. 1

Evergar Wilds, il continente perduto. A Meriel è stato chiesto di organizzare una spedizione per esplorare le terre su cui da due secoli nessuno mette piede. Sono contaminate dalle radiazioni di una vecchia guerra, ma hanno ancora una popolazione, strani popoli rimasti isolati troppo a lungo. E mentre nel resto del mondo la tecnologia si fondeva alla magia, nelle Evergar Wilds la magia, selvatica e radioattiva, è ancora mescolata alla religione e alla superstizione. Per esplorare un mondo come quello serve una persona speciale, e il loro capo spedizione lo è. Lynx Nightshade è morto da più di settant’anni, ma è morto da illuminato, fondendosi con un’entità esoterica che vive tra i mondi. Ora la tautecnologia di Shaden l’ha riportato in vita… ma la convivenza con lui non sarà facile per Meriel.

Io ho aperto la bocca, allucinata. Poi mi sono messa a ridere. «Sì, cavolo! Certo che hai flirtato!».
«Naturalmente. Mi serve che tu sia dalla mia parte» mi ha spiegato lui, tranquillo. «Abbiamo parlato delle dinamiche sociali che molto presto verranno fuori in questo gruppo. Ci saranno fazioni. Qualcuno metterà in discussione il mio ruolo. Mi serve che tu non lo faccia».
«Ed è per questo che…».
«Anche» ha sorriso. «E anche perché sei intelligente, interessante e persino bella, nonostante tu non ne sia minimamente consapevole».
Ero imbarazzata e stavo per iniziare a protestare, ma lui mi ha interrotta con un gesto. «Serve una mente particolare per vedere la bellezza di chi si crede esteticamente insignificante, di chi ha investito tutto su qualcos’altro, ma concedimelo: io ho una mente particolare».
A quel punto ho buttato giù il vino che mi restava nel bicchiere e me lo sono riempita di nuovo senza chiedere. Gli ho spiegato che dovevo diventare almeno alticcia per sostenere quella conversazione.
«Se può rassicurarti, quest’annata dev’essere così sublime da non lasciare praticamente doposbornia. Visto che regalarla a me è stato uno spreco, sono felice che almeno tu l’apprezzi» ha detto lui, calmo come sempre.
«Quindi, okay… hai pensato di comprarti così la mia eterna fedeltà?» sono tornata al punto, io. In effetti, dopo un bicchiere e mezzo mi sentivo un po’ più coraggiosa.
Lui ha intrecciato le dita a cuspide e mi ha lanciato un’occhiata sorniona. «Oh, be’… posso sacrificarmi e continuare a tentare, se una volta non è stata sufficiente».

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Classificazione: 2 su 5.

Dalla parte del torto

I regni di Marmor e Amandre si contendono da sempre un fazzoletto di terra al confine tra le due nazioni, una guerra che è diventata una sanguinosa abitudine. Finché la secondogenita di Amandre, Malachite, non viene catturata dai nemici. La sua sorte è sancita dalle antiche e crudeli tradizioni di Marmor e l’ordalia che dovrà sopportare non le lascia scelta, né dignità. L’esecutore del suo destino è il riluttante generale Turmalin, che sente su di sé tutta la vergogna del compito che è chiamato ad adempiere. Nel frattempo i due principi nemici, Mercure e Falke, sono legati da una vendetta altrettanto terribile: carnefice l’uno, martire l’altro. Come può nascere l’amore, quando è così chiaro da che parte cade il torto? Come può esservi speranza?
Eppure non sempre tutto è lineare come sembra e la passione può essere un sentimento contorto, difficile, violento… e incontrollabile.

Akelei si avvicinò al maestro di cerimonia.
«Generale Turmalin» disse lui, con un inchino.
Due guardie stavano slegando la principessa, senza nessuna gentilezza.
«Come devo procedere?» rispose Akelei, senza tergiversare.
Il maestro di cerimonia annuì. «Porteremo subito la prigioniera alla sua residenza, generale. Resterà sotto la sua custodia, sua responsabilità. Dovrà aspettare il primo ciclo, prima di procedere». Un lieve sospiro. «Be’, potrebbe anche non essercene bisogno».
«Me lo auguro» rispose Akelei, anche se sapeva fin troppo bene quanto fosse improbabile.
No, era rassegnato al suo destino.
L’illustre generale Akelei “Tiger” Turmalin, eroe di guerra pluridecorato, avrebbe aggiunto al suo stato di servizio un nuovo titolo: esecutore del principe.
In una parola, torturatore reale.

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Classificazione: 4 su 5.

Il re della notte

April è l’ultimogenita del re Avetis. La sua vita potrebbe essere fatta di balli e frivolezze, ma non è proprio il tipo. Le piace andare a cavallo, camminare nei boschi, leggere e odia le situazioni mondane. Quando il giovane erede al trono si ammala gravemente, è per la sua indole avventurosa che suo padre chiede proprio a lei di inoltrarsi nel regno oltre le nebbie, dove il sole non sorge mai e la magia è potente, per impadronirsi in qualche modo della Gemma della Sera, una pietra dalle straordinarie capacità taumaturgiche. April è pronta a lottare per la pietra, a rubarla o a comprarla a peso d’oro, ma, per cominciare, tanto vale provare a chiederla gentilmente. Il Re della Notte, il sovrano di quelle terre, gliela concede, ma ordina a suo figlio Starrag di accompagnarla. E Starrag è spaventoso, cupo come il corvo di cui porta il nome, enigmatico e infelice, spesso sprezzante, ma ha anche qualcosa di diverso e speciale di cui April inizia lentamente a subire il fascino. È solo l’inizio di una storia più ampia, di un’attrazione complessa e non priva di passi falsi, e dell’incontro tra due mondi agli antipodi.

«C-come… dov’eri? Come sei entrato?».
Starrag Ó hAlluráin sbuffò. «In questo regno non avete protezioni contro la magia. Se volessi potrei entrare nella stanza del tesoro del re, nessuno potrebbe impedirmelo. Ebbene?».
April sbatté le palpebre un paio di volte.
«Ho dei segni sul corpo!».
«I sigilli. Te ne sei accorta solo ora?».
«Sì!».
E nel sentirlo così sprezzante, la paura si stava trasformando in collera.
«Come hai potuto, dannazione! Sono piena di… di scarabocchi rossi! Scompariranno? Perché non sono ansiosa di sposarmi, è vero, ma spiegare questa roba a un futuro marito potrebbe essere un po’ complicato. Specie data la posizione di alcuni. Per di più non ho ancora capito se ce n’è uno anche… anche… lì, insomma!».
«Lì dove?».
April fece un cenno indignato verso il basso. «Lì!».
Starrag Ó hAlluráin la fissò inespressivo. «Sei davvero la creatura più fatua e ignorante che abbia mai conosciuto».
«E tu il più maleducato! Non si scrive sul corpo di una signora!».
«La magia ambisce a farsi carne, nelle mie terre. Più sei adatto a ospitarla, più cerca di piantarti dentro il seme di un incubo. Tu sei entrata nel nostro regno senza proteggerti, ho dovuto tracciare dei sigilli. Ti ho detto che devo finire il lavoro. Con il tempo diventeranno quasi invisibili, se davvero li trovi così indecenti».
«Non li trovo così indecenti. Accetto la tua spiegazione e se li hai tracciati per proteggermi te ne sono grata. Ma sarà difficile spiegare a un futuro sposo come me li sono procurati, questo è indubbio».
«Oh, sono sicuro che quel pover uomo avrà ben altro di cui lamentarsi. Forza, spogliati, chiudiamo la questione».

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Classificazione: 3.5 su 5.

Una gabbia dorata

Tra le Terre dell’Est e quelle dell’Ovest infuria la guerra da quasi due secoli. Quello che un tempo era un unico popolo si è diviso più volte. Da un lato gli elfi bianchi e quelli silvani, e i loro alleati umani; dall’altro gli umani dell’Est e tutte le specie che a Occidente considerano ripugnanti o pericolose: elfi neri, golbin, troll, orchi…
Elli Nakril è la figlia di un anziano del Consiglio dell’Ovest. È un’elfa silvana, una guerriera. Quando viene catturata e portata a Est sa che gli orientali la useranno come merce di scambio. Viene chiusa nella Cittadella della capitale dell’Est, prigioniera del loro odiato regnante: Syryt Thygarest, un mago oscuro, così magico da non sembrare neppure più umano.
Eppure… è proprio quell’uomo terribile a parlarle per la prima volta di pace. Della possibilità di mettere fine alla guerra e agli spargimenti di sangue. Le parla, la convice… la affascina. E la prigionia di Elli diventa piacevole, gli ideali di Syryt sempre più allettanti.
Ma nulla è facile. A ovest sospettano della buona fede dell’Est… e forse hanno ragione. Perché Elli inizia a rendersi conto di essere ancora in prigione, una gabbia dorata di cui è difficile persino scorgere le sbarre.

Thygarest era comparso accanto a me, seduto con le gambe accavallate, i capelli che si confondevano con il colore della notte e un’espressione divertita sul viso.
«Non danzerò» ribadii.
«No?» chiese lui. Scivolò ai miei piedi, inginocchiato come un pretendente, e mi sfilò le scarpe. «Tornerai a casa scalza, quindi» disse, rialzandosi e allontanandosi con le mie scarpe.
«Ridammele!» protestai, inseguendolo.
Lo rincorsi tra la gente che ballava. Thygarest non stava correndo, ma in qualche modo era sempre un paio di passi avanti a me. E io sentii l’erba fresca sotto i piedi e la danza mi travolse senza scampo.
«Dannazione» borbottai.
E iniziai a danzare.
Danzai e piroettai, saltai e svolazzai, lasciandomi invadere dalla primavera. La frenesia del risveglio si impadronì di me e iniziai a cantare la mia magia, risvegliando tutto ciò che avevo intorno. L’erba cresceva, sotto i miei piedi, e gli alberi mettevano nuove foglie, i fiori aprivano le corolle come se fosse l’alba e i rami si muovevano, sgranchendosi.
Il mio canto salì di volume, abbracciando tutto il parco, mentre danzavo e danzavo, completamente infiammata dalla primavera.
Sentii due mani prendermi per la vita, alle mie spalle. Sapevo che solo una persona avrebbe potuto farlo, in quel momento, mentre tutta la mia natura era dispiegata attorno a me. Mi voltai e infatti era Thygarest.
Danzò con me. Fu… stranissimo.
La sua magia si intrecciò alla mia, si fece simile alla mia e anche lui cantò il risveglio. Non so che cosa vide la gente che avevamo attorno. Una coppia che ballava una strana danza fluttuante, forse. Tutto si fece intenso, profumato, sensuale. Il risveglio mi sciolse le gambe e i fianchi, riempiendomi del piacere così particolare della rinascita.
Fu come fare l’amore. Thygarest doveva capirlo e assecondò quell’onda languida.

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Classificazione: 4 su 5.

Sotto i tuoi occhi

Serena ha sposato l’uomo che la sua nobile famiglia ha scelto per lei. Il signore di Angtor è un uomo posato, un regnante capace, un marito assente. Sono riusciti a fare due figli senza quasi toccarsi e ora le loro vite scorrono su due binari paralleli e non si incrociano mai… e a Serena sta bene così. Ma tutto cambia all’improvviso quando una nazione vicina li invade e Serena, Blaze e i loro figli sono costretti a fuggire. Nei pochi giorni in fuga Serena capisce che l’uomo che ha sposato è più interessante di quanto pensasse e scopre il piacere di stare con lui. Il destino, tuttavia, ostacolerà questa nuova felicità in tutti i modi, sottoponendoli a una prova difficile, forse impossibile da superare…

Serena si sedette su una balla di fieno per disfarsi dei vestiti bagnati e prepararsi per la notte.
Si infilò le mani sotto alle gonne e trovò la giarrettiera. Si slacciò le calze e si accorse che Blaze distoglieva lo sguardo.
«Suppongo che non sia il momento migliore per fare i pudici» sospirò. «In ogni caso sono un disastro».
Lui si sedette lì accanto e iniziò a scalzarsi gli stivali.
«Vuoi scherzare. Con tutto quello che abbiamo passato i tuoi capelli sono ancora perfetti. Se ci fosse un concorso di portamento per le donne, come per i cavalli, il tuo primo posto sarebbe scontato».
«È una parrucca, lo sai, vero?».
Blaze si voltò dalla sua parte, un calzino fradicio in mano.
«Sul serio? Ma sembrano i tuoi… capelli?» la sua voce si era fatta sempre più incerta.
«Credo che tu non abbia mai visto i miei capelli» replicò lei, divertita. L’espressione di lui era piuttosto buffa. «Ma stai per avere questo onore, dato che devo toglierla».
Serena si liberò della parrucca. Al di sotto aveva una treccia a crocchia.
«Be’, sono simili. E sono… come si dice? Molto in ordine anche questi. Per un attimo ho pensato che fossi calva o…»
Serena rise sottovoce e lui si interruppe.
«Scusa» disse. «Non sta a me fare commenti sulla tua capigliatura. Dimmi come posso… ehm, che cosa dovrei…»
«Per prima cosa la chiusura del vestito».
«Molto bene».
Sentì le mani di lui sulla schiena, veloci e delicate, che allargavano i nastri e li facevano scorrere nelle asole. Non erano mai stati così vicini, pensò, con vago stupore. Fisicamente vicini. Avevano avuto due figli, ma non si erano mai permessi confidenze.
Ora, mentre si liberava del vestito bagnato, si rese conto che il suo sguardo la faceva arrossire. Non perché fosse Blaze, ma semplicemente perché era… un uomo.
Gli diede di nuovo le spalle e si sfilò la sottogonna. Anche mostrargli le gambe nude le faceva bruciare le orecchie.
«Ora… ehm… di solito tolgo anche il corsetto» spiegò, senza guardarlo.
«È naturale. Sembra scomodo».
Di nuovo sentì le sue mani sulla schiena. La aiutò ad allargare il corsetto, in modo che lei potesse sfilarlo. Serena lo posò accanto al vestito, rossa per la vergogna. Fino a quel momento l’unica a vederla con i seni nudi era stata la sua cameriera personale.
Guardò Blaze e Blaze guardò lei.
Gli occhi di lui scivolarono sul suo corpo. Prese fiato lentamente. Per un attimo Serena vide tutta la sua ammirazione, un sentimento che non aveva mai percepito in lui, poi Blaze si voltò per prendere la camicia da notte tutta lisa dal pacco di abiti vecchi che aveva loro consegnato la domestica.

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Il nemico

Da quattro anni la Namdvara è sotto il giogo degli invasori di Dhenes. La conquista delle placide vallate namdvariane è stata brutale e i nemici non hanno risparmiato efferatezze e violenze. Quando uno degli invasori, durante una tempesta, entra in una locanda e trascina con sé in una camera una viaggiatrice, Radina, tutti pensano al peggio… ma nessuno fa nulla per difenderla. In realtà Alek, il nemico che l’ha obbligata a seguirlo, è solo ferito. A gesti le fa capire di aver bisogno del suo aiuto e Radina non riesce a rifiutarsi curarlo. Il corpo di Alek, snello e muscoloso come quello di un cane da caccia, la riempie di turbamento. Il giorno dopo ognuno se ne va per la sua strada, ma il gruppo di viandanti con cui viaggia Radina viene assalito da dei banditi. Nel frattempo nelle pacifiche valli di montagna è scoppiata la ribellione e gli invasori vengono cacciati. Alek dovrebbe combattere con i suoi uomini, ma si trova di nuovo davanti la ragazza dagli occhi gentili che l’ha aiutato nonostante fosse il nemico… e ora è lei ad aver bisogno di aiuto…

«Aspetta» le disse.
La sorresse per il braccio sano e la aiutò a sedersi.
Andò a prendere i vestiti che si era procurato per lei. L’aria del mattino era ancora fredda, così Radina non si liberò del tutto della coperta, mentre lui la aiutava a indossarli. Quel vedere-e-non-vedere del suo corpo bianco e sodo fece affluire con prepotenza il sangue all’inguine di Alek, come in precedenza non gli era mai successo, neppure quando l’aveva vista completamente nuda.
Continuò a comportarsi come se nulla fosse, sperando che lei non se ne accorgesse.
Radina, da parte sua, fece ben attenzione a non dimostrare di averlo notato, ma le tornò in mente l’immagine del corpo bruno di lui e l’idea, con suo vago sconcerto, la riempì di languore.
Quando lei fu vestita, Alek la accompagnò fino all’asino. Radina immaginò che si fosse liberato del cavallo perché lo identificava subito come soldato nemico. Per lo stesso motivo, notò, Alek aveva arrotolato strettamente il proprio mantello di pelle e ne aveva indossato un altro di tela grigia.
Radina lo tirò per un gomito e lui si voltò dalla sua parte.
«Cosa?» domandò, spazientito.
Lei posò la mano sul pomo della spada di lui.
Alek chiuse gli occhi. «Ah, dannazione».
Radina gli slacciò il cinturone. Aveva ragione lei, ovviamente, la spada l’avrebbe tradito. Ma in quel momento sentire le sue mani sulla fibbia gli procurò una seconda fitta di desiderio, dolorosa e improvvisa. Non riaprì gli occhi. Aspettò solo che lei finisse.

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Fatto per uccidere

A Grad cade la neve quando Sophia, su un binario della stazione ferroviaria, lotta con tre uomini che vogliono sopraffarla. Un treno passa sbuffando vapore – forse per lei è la salvezza! – ma no, rallenta e basta, non si ferma. Quando ormai tutto sembra perduto, la porta di un vagone si apre e due mani sconosciute la traggono a bordo. Sophia è sfuggita ai suoi aggressori, ma chi l’ha salvata? Tjark Vinter sembra un gentiluomo, ma sul suo viso una cicatrice rivela che ha combattuto nella Guerra dei Sospiri, dieci anni prima. Sophia scoprirà presto che la guerra gli ha lasciato ben altre cicatrici, dato che Vinter è uno dei pochi maghi da combattimento rimasti in circolazione, uno dei pochi a padroneggiare arti ormai inutili, in tempo di pace. E quando verrà a sapere che è stato arrestato dovrà ricambiargli il favore e salvargli la vita, perché le autorità vogliono cancellare dal mondo lui e il suo segreto… un’abilità che lo rende una perfetta macchina da guerra, ma che gli impedisce di dimostrarle tutta la passione che prova per lei.

Vinter le avvolse una pelliccia attorno alle spalle Sophia si appoggiò dolcemente a lui. Un istante più tardi sentì le sue mani che le massaggiavano i piedi nudi, scaldandoli.
«Grazie» sussurrò. Aveva un seno schiacciato contro il suo fianco e trovava la loro vicinanza sempre più stordente.
Sollevò il viso verso quello di lui e vide la sua espressione seria, quasi accigliata.
«Signora Blomgren…»
«Mi chiami Sophia».
Erano così vicini che quando le labbra di lui sfiorarono le sue Sophia quasi non se ne accorse. Quasi, perché il cuore iniziò a batterle nel petto come un forsennato.
«Mm… Sophia, benissimo. Quindi puoi chiamarmi Tjark. Forse dovremmo andare a letto».
Lei arrossì violentemente, come fosse una ragazzina alla prima cotta, e Vinter sbatté le palpebre un paio di volte.
«Intendevo dire ognuno nel suo, è ovvio. Non volevo suggerire…» Sospirò e la baciò di nuovo. «O forse volevo suggerirlo, dopo tutto. Non riesco a fermarmi. Fermami tu, per favore».
«Come dovrei fare?».
«Potresti dire “smettila”».
La baciò ancora, ancora una volta sfiorando appena le sue labbra.
Sophia si allungò verso di lui, premendogli il corpo contro.
«Sì, smettila, Tjark. Ecco, ora l’ho detto, sei contento?». Intrecciò le dita alle sue e, continuando a baciarlo, si portò la sua mano al petto. «Smettila subito».
Vinter strinse la morbidezza del suo seno. Il cuore di Sophia sembrava impazzito, e anche il suo corpo. Si inarcò contro di lui, mentre con le labbra gli separava le labbra e assaggiava il suo sapore con la lingua.
«In effetti non dovrei» sospirò Vinter, nella sua bocca. La sua mano massaggiava il suo seno in modo così gradevole da darle i brividi, accarezzandola al di sopra della casacca.

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Come febbre

Durante un attacco non riuscito alla fortezza dell’Imperatore Bianco, Selina, combattente della casta delle guerriere, viene sbalzata a chilometri di distanza da una magia dei suoi stessi alleati. Con lei, l’imperatore stesso. Dispersi in un territorio freddo e ostile, infestato da molti pericoli, si rendono conto che sopravvivere potrebbe rivelarsi difficile, se non impossibile. Con la morte che incombe, cercano conforto l’uno nelle braccia dell’altra, pensando di non superare la nottata. Le conseguenze di quella notte diventano evidenti nove mesi più tardi, quando ognuno è tornato alla sua vita. L’imperatore scoprirà che suo figlio, il suo erede, è nato tra i suoi nemici e che la donna con cui ha affrontato la morte è ormai, e di nuovo, a sua volta una nemica. Sa di non poterle dimostrare alcuna pietà, né lei potrà perdonarlo per le sue azioni, ma la particolare febbre sensuale che c’è tra loro non si è mai sopita…

Johan la scosse con la punta di uno stivale. «Non ti addormentare così. Morirai».
«Ho freddo» rispose Selina, con voce debole.
L’altro si stiracchiò. «Sì, anch’io». Si allungò davanti a lei e la tirò verso di sé. Intrecciò le gambe alle sue, mentre Selina gli si accoccolava sul petto.Per qualche minuto non cambiò nulla, poi iniziò a sentire un vago tepore. Il panciotto di raso di lui iniziò a essere tiepido, come i suoi pantaloni.
«Sei fredda come una rana» disse Johan. Sbuffò e armeggiò con la propria cintura. «Così non basta. Stai ferma. O, anzi, meglio: divincolati».
Selina ci mise mezzo secondo a capire che cosa stesse succedendo, non di più. In quel mezzo secondo l’altro le salì sopra e le allargò le cosce con i fianchi.
«Non ci provare» ringhiò lei.

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