In amore e in guerra

Antonia “Tony” Darren è alla sua seconda ferma con la missione di pace interforze in Harbat. Non fa più parte della fanteria, ma della polizia militare e sta per iniziare un nuovo incarico sotto il comando dell’agente speciale Reich. Si rende presto conto che quasi tutti adorano il suo nuovo superiore – e la sua compagna LeRoy ne è completamente cotta. Il problema è che Reich non sembra interessato a nessuna, come se avesse fatto il voto di restare solo. Ma è davvero così? O ha solo paura di essere nuovamente ferito? Nessun militare di stanza in Harbat è un cuore tenero, ma l’attrazione tra lui e Tony è impossibile da ignorare e a volte le apparenze ingannano.Come nel caso di Reno Wyte, Royal Marines, un cane pazzo che non perde occasione per fare a pugni o infastidire le colleghe. Ma davvero è così pessimo? O costudisce un segreto che non vuole ammettere neppure con se stesso? Il compagno di unità di Tony, Mitch Calogero, potrebbe trovarsi a scoprirlo…Nel frattempo, un giovane soldato è stato rinvenuto morto in un bagno della base, forse suicida, e sta alla squadra di Reich indagare… per scoprire se è vero il detto che in amore e in guerra tutto è lecito.

ATTENZIONE: Pur essendo ambientato nello stesso universo della serie Sesso&Potere, non è in continuity.

Lui non rispose. Antonia si voltò a guardarlo e vide che era pensieroso.
«Va tutto bene, signore? Non ha risposto».
«Mh? Sì, tutto bene. Ci stavo pensando. Al paternalismo e… ad altre cose. Non lo faccia».
«Che cosa?».
«Flirtare. Aveva freddo, questo è tutto. Non flirti con me, per favore».
Di primo acchito le sue parole bruciarono. Avrebbe voluto rispondergli seccata che nessuno stava flirtando e di non darsi troppe arie. Ma la verità era che aveva flirtato, senza neppure rendersene conto e che lui era stato chiaro e diretto, e non aveva alcuna intenzione di offenderla.
«No, signore. Ha ragione» mormorò, quindi.
Ora era piuttosto imbarazzante. Essere lì, sotto il suo braccio, con i capezzoli duri e la consapevolezza che non era solo per il freddo. E una seconda consapevolezza: a lui non interessava. Non era attratto da lei e non la desiderava.
Anche se Tony non ne era del tutto sicura.
La mano di Reich le penzolava dalle spalle, ora, e la punta delle sue dita le sfiorava la sommità di un seno. Casualmente. Certo, lui non se ne accorgeva neppure.
Tony si concentrò sul suo braccio. La leggera tensione dei muscoli. No, Reich stava piegando leggermente più del dovuto il gomito apposta perché le sue dita sfiorassero casualmente il seno di lei.
Rise.
«Che bugiardo».

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Classificazione: 3 su 5.

Il tagliatore di teste

Nella cittadina del Texas in cui vive Onie c’è un’unica grande azienda, un mobilificio che dà lavoro a molti degli abitanti, compresa la sua migliore amica. Quando l’azienda viene venduta e si annuncia una razionalizzazione del personale Onie, che scrive per un piccolo giornale locale, si offre di scoprire chi verrà lasciato a casa e usando quali criteri. Chiede un’intervista all’esperto di risorse umane – il “tagliatore di teste” – che la casa madre ha spedito in città per decidere chi tenere e chi licenziare e tenta di estorcergli qualche informazione. Sfortunatamente il tagliatore di teste si accorge del suo gioco. Ancora più sfortunatamente, è un uomo che non si fa scrupoli nell’usare il proprio fascino. Onie scoprirà presto che a scherzare con uno come lui le conseguenze possono essere imprevedibili…

«Non voglio una prostituta, non capisco dove sia il problema. Mi piaci. Sto giocando la carta dell’onestà. Non ho finito, con te. Non ho nemmeno iniziato, perché quando l’abbiamo fatto la prima volta ero concentrato sullo scopo e nient’altro. Se ora sali in camera con me ti farò divertire, lo giuro».
«No».
Sospirò.
«Okay, allora fermati da qualche parte. Un parcheggio, uno spiazzo».
«Perché, scusa?».
Mi guardò in silenzio per un paio di secondi.
Scosse le spalle. «Devo andare in bagno».
Pensai che avrebbe potuto aspettare fino in albergo, ma forse gli scappava parecchio. In fondo aveva bevuto una birra e tutti sanno l’effetto che fa la birra fredda nelle serate calde. Trovai uno spiazzo a ridosso di una macchia di vegetazione, oltre il parcheggio di un supermercato chiuso. La configurazione di Sommerville aiuta, in questi casi, perché a parte il centro è fatta di costruzioni ben distanziate, di solito a un piano, che compongono una periferia ordinata di villette a schiera e zone commerciali.
Mi accostai e spensi il motore. Riley si slacciò la cintura e si girò dalla mia parte.
«Be’? Non scendi?».
Si allungò per baciarmi. Il bacio che mi aveva dato nel pub, in confronto, quasi scomparve perché quello fu un bacio di tutt’altra qualità. Un bacio affamato, quasi un morso, che continuò e continuò.
«Quest’ultima cosa era una bugia» disse, prima di riprendere a baciarmi.
Cercate di capirmi. Quell’uomo era assolutamente pessimo, era una cosa che sapevo benissimo, ma era anche un concentrato di lussuria. Non era solo bello, non era solo sensuale… no, ti faceva venire voglia di farci cose insieme.

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Classificazione: 4.5 su 5.

L’altro Joe

Quando Delia Southwark litiga con il suo accompagnatore e gli chiede di farla scendere dalla macchina non sa in che guai si sta cacciando. Si ritrova in piena notte in un quartiere sconosciuto e tutt’altro che rassicurante, fatto di casermoni grigi e sottopassaggi che sanno d’urina. Come se non bastasse le prime persone in cui si imbatte appartengono chiaramente a una gang e non sembrano avere buone intenzioni nei suoi confronti. La serata sta per farsi molto sgradevole o persino mortale quando arriva… “il suo ragazzo”, Joe. In realtà è un appartenente alla gang che sembra aver deciso di toglierla dai guai. Ma chi è Joe? Un criminale di mezza tacca che lotta per sopravvivere nella giungla metropolitana di Holland Avenue… o qualcosa di diverso? Delia si renderà conto che oltre al Joe che conosce – e che la infiamma di desiderio – c’è un altro Joe… e ha bisogno del suo aiuto.

«Non ti muovere. Se resti ferma nell’ombra non ti si vede. Immobile, okay?».
Annuii.
Non avevo idea di che cosa stesse succedendo, ma sapevo già che non mi sarebbe piaciuto. Ero finita in una specie di incubo di cui non afferravo nemmeno le basi.
Ora i “rossi” brandivano coltelli e sbarre di metallo. Irrompevano degli altri individui, con qualche capo d’abbigliamento di pelle nera. Mentre molti dei “rossi” sembravano latini, i “neri” erano tutti caucasici… non capivo se fossero neonazisti o motociclisti. Oddio, forse nessuno dei due.
Sapevo solo che si stavano pestando con una ferocia che avevo visto solo al cinema e io ero di nuovo paralizzata dal terrore. Se anche avessi provato la tentazione di disobbedire al mio “ragazzo” e di allontanarmi, non ce l’avrei fatta. Le mie gambe sembravano fatte di calcestruzzo.
Davanti a me, nella luce incerta di quel porticato, i due gruppi cercavano di farsi più male possibile, donne comprese. […]
Le grida di quello scontro brutale si fecero sempre più alte, finché non si sentì un boato.
Poi altre grida. Imprecazioni.
Mi resi conto che c’era qualcuno a terra. Un corpo che non accennava a rialzarsi bestemmiando. I “neri” gli si fecero attorno, lo circondarono. Mi chiesi se quel boato fosse stato un colpo di pistola e se quella persona fosse… morta?
Mi afferrarono di nuovo per un braccio e mi trascinarono via.
«Presto… presto, vieni…»
“Joe” mi tirò giù per una scala di pochi gradini. Incespicai sui tacchi, ma lui mi sorresse. Mi spinse davanti a sé, in un cortile e poi in un passaggio coperto.
«Dove stiamo…» riuscii a balbettare.
«Lontano dagli sbirri».
Attraversammo in quel modo almeno due sezioni dell’immenso alveare sotto cui eravamo. Alla fine “Joe” tirò fuori un mazzo di chiavi e aprì un portone dotato di sbarre.
Mi fece segno di entrare e io esitai.
«Non ti faccio niente» disse. Si asciugò il sudore dalla faccia. «Sto sanguinando. Mi rattoppo e ti do uno strappo verso il tuo quartiere, okay? Qualunque sia».
«Thompson Hill» dissi.
Lui si mise a ridere. «Be’… benvenuta nella Terra di Nessuno».

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Classificazione: 3.5 su 5.

Magnum Opus

L’alchimia del piacere 3

Qualcosa è andato orribilmente male. La profezia non si è avverata, la natura della Soglia non è cambiata e i quattro protagonisti della trasformazione alchemica sono stati risputati sulla Terra come semplici esseri umani, soggetti agli insulti del tempo e delle malattie. Sono passati sei mesi da quel giorno e Amintha non può sopportare che Nathaniel invecchi e muoia davanti ai suoi occhi.Vivian si macera nel senso di colpa per essere stata l’involontaria causa di tutto quel dolore e nessuno sa dove sia Rahel.Nel contempo, in un parco della città, un senzatetto muto viene avvicinato e aiutato da una volontaria, Casey. Il senzatetto si è guadagnato il nomignolo di “Quello Bello” tra gli operatori della charity, ma chi è? Da dove viene? E che cosa l’ha reso indifferente a tutto?Le loro strade dovranno di nuovo incrociarsi… nell’alchimia del piacere.

Lucien ignorò entrambi. Slacciò altri bottoni della camicia di lei, fino quasi ad aprirla tutta, e le tirò fuori il seno dalla coppa del reggipetto. Casey si sentì arrossire disperatamente e sprofondò la faccia nel suo dolcevita.«Lucien…» disse, di nuovo.
Lui le pizzicò il capezzolo.«Se per qualche ragione questo mio stato di eccitazione dovesse dispiacerti, ti prego di ricordare che è questa la condizione che ci vuole per la poesia, e della poesia solo m’importa. La poesia è ciò per cui vivo» replicò, con il suo forte accento francese.
«John Keats, addirittura» giunse il contrappunto beffardo della voce di Amintha, dal sedile anteriore. «Se inizia a citare de Sade è il caso che ti preoccupi, tesoro». Lucien sbuffò.
«La virtù non conduce ad altro che all’inazione più stupida e più monotona, il vizio a tutto ciò che l’uomo può sperare di più delizioso sulla terra» disse. «Ecco de Sade».
Amintha rise.
«E siamo ancora tutti vivi, eh?».
«Oh, smettila» fece Nathan, dandole una spintarella scherzosa. Nessuno sembrava far caso al fatto che Lucien stava palpando il seno nudo di Casey.
«Non ascoltarla, vecchio mio. Sai che cosa ha fatto, subito prima di… insomma, del nostro incidente? Ha comprato un quadro che avevate nella vostra vecchia casa alle porte di Parigi. Non è romantico?».
«Lui era ancora morto» specificò Amintha. «È più facile provare nostalgia per chi è morto».

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Classificazione: 5 su 5.

Sale sulla pelle

Nathalie lavora in un grosso studio legale di New York, Hunter è l’amministratore delegato di una società di elettronica. E si detestano da anni. Nathalie ha più volte gestito delle cause contro la sua azienda ed è arrivata a odiarlo. Il sentimento è reciproco. Durante un patteggiamento lo stress per il superlavoro si fa sentire in tutti e due, e Hunter e Nathalie finiscono per azzuffarsi. Al pronto soccorso si imbattono in un medico dall’invidiabile abbronzatura e con l’aria rilassata di chi è appena rientrato da una vacanza da sogno. Club Sea, Caraibi. Conquistati dalla prospettiva, entrambi decidono di concedersi un periodo di riposo nel paradisiaco villaggio turistico… senza sapere che l’altro ha avuto la stessa idea. Quando scoprono di essere a un bungalow di distanza quasi si azzuffano di nuovo, ma poi… sarà il mare, sarà la sabbia, sarà il sale sulla pelle… tra loro inizia a nascere un’attrazione che non avrebbero mai potuto prevedere… e a cui nessuno dei due vorrebbe cedere.

Nella sala riunioni in cui lei e il suo assistente vennero fatti accomodare non potevano esserci più di quindici gradi. Per Nathalie non era una sorpresa. Anche durante i due incontri precedenti nella stanza faceva troppo freddo, forse solo per metterla a disagio. Avrebbe potuto portarsi un maglioncino o qualcosa del genere, ma non l’aveva fatto. Non intendeva dare al maledetto Sevier nessuna soddisfazione.
Ed eccolo lì, come supponeva, a braccia conserte all’altro capo del tavolo. Arrogante. Protervo. Indifferente al destino delle persone a cui aveva tolto di colpo i mezzi di sostentamento.
Nathalie detestava il suo tipo e detestava anche lui personalmente.
Alto, moro, gelido. Bello, a suo modo, ma con lo sguardo vuoto, le iridi glauche che ti scansionavano come fossi un oggetto, la mascella sempre contratta e le labbra sempre piegate in un sorriso sprezzante quasi impercettibile. Il tutto incartato in un completo da cinquemila dollari che serviva a ricordarti quale fosse il tuo posto del mondo: sotto di lui, se possibile lontano dal suo sguardo.
Hunter osservò freddamente l’ingresso dell’avvocato Eastlake. Quella tr**a.
Hunter di solito disapprovava le volgarità, specie quelle sessiste. Apparteneva alla generazione che aveva inventato la correttezza politica ed era convinto che, se applicata con giudizio, rendesse il mondo un posto migliore. Dentro di sé avrebbe potuto definire l’avvocato Eastlake “quella str**za”, quindi, o anche “quell’infame”, ma non c’era niente da fare, la frase che la descriveva meglio era la più volgare e sessista: quella tr**a.  
Dunque, quella tr**a entrò nella sala riunioni come se sentisse odore di merda, lo guardò come se al suo posto ci fosse una cacca di cane fumante e scostò la poltroncina all’altro capo del tavolo come se fosse imbrattata di feci. Ecco, altre volgarità, ma Hunter non riusciva proprio a evitare di pensarle, quando vedeva l’avvocato Eastlake.

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Classificazione: 4 su 5.

Nel profondo

Nella piccola città della Louisiana dove Lauren è nata e cresciuta tutti sanno che i Blanchard sono criminali. La loro grande tenuta si perde nelle paludi e Dio solo sa che cosa succede là dentro. Il fratello maggiore non si vede quasi mai, la sorella di mezzo è nota per le sue intemperanze e il minore, Rivet, sembra quasi simpatico, ma è anche il sicario della famiglia. Lauren esce con il suo autista da qualche mese quando lui la nota… ed è difficile dire di no, quando il tuo capo ti chiede di prestargli la tua ragazza per una festa, specie se il tuo capo potrebbe ucciderti se rifiuti. Lauren accetta di andare alla tenuta dei Blanchard, senza sapere che oltre quelle mura la attendono segreti e piaceri oscuri e inimmaginabili. Un uomo, Rivet, combattuto e complicato, due bambini capaci di conquistarti con uno sguardo e una famiglia dal cuore nero come l’acqua delle paludi…

Parcheggiò e vide che davanti alla vetrina principale c’era una Mercedes grigia. Il finestrino del guidatore era abbassato e spuntava il braccio abbronzato di Gage.
Lauren si avvicinò, vide che era proprio lui e si sporse all’interno.
«Mi sembrava di aver visto un bel tipo al volante di un macchinone» lo salutò, chinandosi per baciarlo.
Gage rispose al bacio e le lanciò un’occhiata bonaria.
«Dai, sto lavorando».
«E anch’io, eh. Sono venuta a comprare del vino».
«Pensavo che al Croc fosse tutto a base di gravy» disse una voce dall’accento educato, ma inconfondibilmente locale.
Lauren si voltò di scatto.
«Scusi, signor Blanchard» disse Gage.
«Scusi, era solo un saluto veloce» aggiunse lei, con un sorriso un po’ teso.
Rivet Blanchard era uscito dal negozio dei liquori seguito da due uomini vestiti di scuro, ognuno dei quasi trasportava una cassa di vino. Vero vino, non come quello che stava andando a comprare Lauren.
«Rilassatevi» disse Rivet, con un sorriso divertito. «Scambiare due chiacchiere non è reato. È la tua ragazza, Gage?».
Mentre lo diceva le lanciò una bella occhiata.
«Sì, signore» rispose lui. Lauren pensò che sembrava nervoso.
«Be’, stasera potresti prestarmela. Per la festa. Sarebbe un problema?».
Ora, normalmente dopo una frase del genere Lauren non se ne sarebbe stata zitta. Avrebbe protestato, dicendo che non era proprietà di Gage e che di conseguenza non stava a lui decidere se “prestargliela” o meno, e probabilmente avrebbe aggiunto anche che poteva fare lo sforzo di chiederlo direttamente a lei. Dopo di che gli avrebbe detto che poteva scordarselo.
Il problema era… che quello era Rivet Blanchard.
Lauren se ne restò zitta per non mettere nei guai Gage.
Gage deglutì e disse, a voce piuttosto bassa: «Suppongo di no».
«No? Ottimo, allora puoi passarla a prendere dopo le otto. Ora andiamo».
Lauren lo vide salire in macchina insieme ai suoi due scagnozzi e chiudere le portiere. La Mercedes ripartì senza che nessuno le dicesse più una parola.

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Sotto protezione

Negli uffici dell’FBI di New York dicono che Tristan Taylor abbia il dono di riuscire a tenere in vita i testimoni. L’ultima che affidano a lui e alla sua collega è Simone Sinclair, ex-modella internazionale e ex-moglie di un commerciante d’armi senza scrupoli. Il matrimonio di Simone è durato cinque anni ed è stato un inferno, e per concludere degnamente suo marito sta cercando di ucciderla prima che lei gli testimoni contro. Tristan si renderà presto conto che quella donna bella e triste non è facile da proteggere… e non è semplice neppure proteggersi da lei.

Lo svegliò qualcuno che si infilava tra le coperte con lui. Tristan, semi-addormentato, per prima cosa pensò che Mills avesse sbagliato letto. Poco dopo, tuttavia, si rese conto che era Simone, la intravedeva alla luce tremolante del televisore, nell’altra stanza.
«Per favore» sussurrò lei, così piano che Tristan quasi non la sentì.Deglutì, passandole un braccio attorno alle spalle. Non sapeva che cosa pensare. In realtà il sonno lo ottundeva ancora in parte. Supponeva che Simone avesse avuto paura e fosse venuta a farsi confortare da una delle uniche due persone disponibili.
Si ripeté questa storia mentalmente un paio di volte, mentre il suo cuore accelerava e il suo cazzo diventava duro come marmo. Così ora aveva anche il problema che lei non se ne accorgesse, oltre all’inevitabile mal di palle che avrebbe avuto il giorno dopo e all’impossibilità di addormentarsi.
Simone cacciò la testa sotto alla sua e Tristan le accarezzò i capelli, cercando di farlo in modo rassicurante. La mano gli tremava per il desiderio.Come faceva quella tizia a non rendersi conto che, insomma, non poteva fargli una cosa del genere?
Simone evidentemente non si preoccupò della cosa. Tristan sentì le sue dita che gli slacciavano delicatamente la blusa del pigiama e si chiese se non stesse sognando.
Nella vita vera le donne come Simone non si infilavano nel letto degli uomini come lui. Che non era brutto, anzi, poteva persino essere considerato attraente, ma Simone giocava in un altro campionato.In qualsiasi campionato giocasse, pochi minuti dopo lei aveva finito di slacciargli la blusa del pigiama e stava aprendo la propria.
Tristan ormai respirava affannosamente. E non osava guardare verso la porta ancora aperta.
Quando sentì i seni morbidi di lei sul petto, in ogni caso, qualsiasi altro pensiero svanì dalla sua mente.

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Il suo migliore amico

Dopo la morte di Mark Charlotte è sicura che non si innamorerà mai più. Perderlo ancora giovane è stato troppo doloroso, e anche se sono passati degli anni e parte della tristezza se n’è andata non pensa di poter mai più provare qualcosa di così intenso per un uomo. Finché non è proprio una lettera “postuma” di Mark a farle rincontrare il miglior amico di lui, Victor, donnaiolo incallito da sempre disinteressato a lei. O così crede Charlotte.

«Ero amico di Mark, okay? Non… non sarebbe stato…»
«Non sarebbe stato?».
«Ah, lascia perdere».
Lei ridacchiò. Si voltò su un lato per avvicinare il naso alla sua faccia.
«No, dai. “Non sarebbe stato” che cosa? Appropriato? Cazzo, tu e Mark eravate come fratelli. Non avrebbe mai pensato che volevi portarmi a letto».
Victor si voltò dalla sua parte, innervosito. I loro nasi si sfiorarono.
«Voglio portarti a letto ora, però».
Charlotte restò praticamente fulminata. Non ci aveva pensato. Si era avvicinata sempre di più, con la massima naturalezza, e ora…
Be’, Victor l’aveva colta alla sprovvista.
Guardò nei suoi occhi per un tempo che le parve interminabile, bloccata. Occhi blu scuro, un po’ addolorati e tuttavia pieni di desiderio.
«Mmmh, sono sbronzo» ammise lui, alla fine, vedendo che Charlie non dava segno di vita.
«A-anch’io» sussurrò lei.
«Sì, lo so. Ne hai bevuto quanto me e la tua massa corporea è sicuramente inferiore alla mia, dunque sei più sbronza di me».
«No, intendevo…»
Si sporse ancora un pochino e lo baciò sulle labbra.
Dopo un secondo di confusione Victor rispose al bacio. Le accarezzò la nuca, infilandole le dita tra i capelli. Charlotte chiuse gli occhi e gli appoggiò una mano sul petto. Il suo cuore batteva così forte che riusciva a sentirlo attraverso la maglia.
«Dio, è… strano» le mormorò nella bocca. «Strano-bello, ma…»
«Per favore. Non scopo da una vita».
Lui si mise a ridere. «“Per favore” che cosa?».
«Per favore non dire qualcosa come che ti sembra di scopare con la moglie del tuo amico. Non sono più sua moglie. Abbiamo divorziato quando è morto, okay?».
Lui rise di nuovo. La baciò di nuovo. «Non mi stavo tirando indietro, eh».
«Ah. Meno male» sospirò lei. Lo spinse sul pavimento, continuando a baciarlo. «Potresti, tipo…»
«Tipo?».
«Sbattermi. Forte». Sospirò. «Per favore».
«Cristo, è sexy che continui a chiederlo per favore».

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Classificazione: 4 su 5.

Al servizio della nazione

Sesso & Potere 4

Dopo due mandati di Mirian Winchester, il primo cancelliere donna delle Svetlands, un nuovo primo ministro è appena stato eletto. Sherman Lyndon ha combattuto durante la sanguinosa guerra in Harbat e ne è tornato con un fianco crivellato di schegge di granata, un disturbo post-traumatico da stress e una medaglia al valore. Da quel momento sono passati tredici anni. È guarito, ha studiato e si è arrampicato fino al gradino più alto del potere. È qui che incontra il maggiore Vera Lin, il capo della sua scorta. Vera ha qualcosa di speciale e lo dimostra durante il loro primo drammatico incontro. Ma ha anche un passato doloroso almeno quanto quello di Sherman e superarlo non sarà facile per nessuno dei due. Anche perché la questione con l’Harbat è tutt’altro che chiusa e le Svetlands rischiano di dover affrontare un altro periodo di terrore…

«Non posso abbracciarla» disse Vera.
Ci fu un secondo di silenzio, forse di stupore. «No, lo capisco, non volevo…»
«No. Intendo: non posso abbracciarla, signore. È troppo più alto di me. Sarei con la testa all’altezza sbagliata. Lo so, fa un po’ ridere».
In effetti, Lyndon ridacchiò. Almeno fece un tentativo. Vera si limitò a sorridere nel buio.
Si voltò e retrocesse lentamente, come se stesse facendo retromarcia in macchina senza specchietto, fino a sentire il paraurti posteriore toccare. Fu la sua schiena a “toccare”. Percepì il busto di Lyndon, dietro di lei, e si appoggiò delicatamente. Lui le circondò la vita con un braccio. Il suo alito le accarezzò la nuca.
In quell’istante sentì un brivido in tutto il corpo. Desiderò improvvisamente che lui spostasse una mano e le stringesse un seno, forte, e che la tirasse contro di sé. Quel desiderio così repentino la lasciò stordita. Strizzò gli occhi e li riaprì. Prese fiato e lo rilasciò come aveva fatto lui pochi minuti prima.
Lui la strinse più forte. Le posò la bocca sui capelli. Vera mise la mano sul suo polso, glielo accarezzò. Fu una carezza ipocrita, falsamente confortante, ma non riuscì a trattenersi. Pensò confusamente che Lyndon poteva sopravvivere qualche ora abbracciato a una tizia arrapata senza un motivo.
Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi. Ma sapeva che cos’era, c’era un motivo: quello che avevano visto. Tutta quella morte, tutto quell’orrore. Il suo corpo riaffermava il fatto di essere vivo.
Anche quello di Lyndon lo fece. Lo sentì chiaramente contro il sedere, prima che lui si scostasse.
«Cristo. Penserà che sono un…»
«No» disse lei.

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Desiderio e attesa

Una bambina è scomparsa, su nel nord dell’Inghilterra. A indagare sul caso viene mandato l’ispettore James Artington, della National Crime Agency, che aiuterà il sergente Fillmore della polizia locale. Quando la ragazzina ricompare in stato di shock le autorità si rivolgono alla dottoressa Alexandra Von Röeten-Loewe, ultima rampolla di una famiglia nobile dalle immense ricchezze che cerca di espiare i propri privilegi aiutando i più bisognosi. E lavorando fianco a fianco su quel caso cupo, in un inverno senza pietà, Alexandra resta affascinata dall’ispettore Artington e dal dolore che nasconde. Neanche lui è indifferente alla dottoressa, ma è combattuto. E Alexandra dovrà armarsi di molta pazienza, dato che il desiderio non è sufficiente perché Artington venga a patti con il suo passato.

“«Chiuda gli occhi, forza. Si rilassi».
Artington obbedì. Con gli occhi chiusi si portò il bicchiere alle labbra e annusò la complessità del whisky che conteneva. Sentì Alexandra posare lo sgabello davanti al tavolino e sedersi.
«È davvero… buono…» mormorò.
Lei gli sfilò un calzino. Artington non se l’aspettava. Non se l’aspettava minimamente, ma riuscì a non riaprire gli occhi. In qualche modo sapeva che se avesse riaperto gli occhi Alexandra ci avrebbe letto dentro… tutto. Il desiderio, il senso di colpa, una speranza inappropriata e un po’ patetica.
«Be’, è invecchiato trent’anni e tutto, sa. Non c’è motivo di bere robaccia» commentò lei, con una risata leggera. Iniziò a massaggiargli un piede.
Così, a mani nude, come se nulla fosse. Si posò il suo piede sulle cosce e gli massaggiò bene il tallone e la pianta.
Artington lo trovò profondamente piacevole. Profondamente erotico, in realtà.
«Che meraviglia» sospirò.
Bevve un altro sorso. Il calore del whisky gli incendiò lo stomaco, mentre le mani di Alexandra lo massaggiavano delicate. L’arcata, di nuovo il tallone… gli fece piegare le dita e poi le spinse verso il basso, sciogliendo ogni tensione.
Per un attimo pensò che lo avrebbe leccato. Che gli avrebbe succhiato le dita una per una, solleticandolo con la lingua tra un dito e l’altro.
Non era il suo genere di cosa, ma il pensiero gli procurò un’erezione.
«Meglio, vero?».
«Mh-mh».”

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