Per soldi o per amore

Lerer sta viaggiando in carrozza verso il proprio matrimonio, un matrimonio politico che ha ogni intenzione di boicottare. Quando il suo convoglio viene assalito da un drappello di mercenari in un primo momento pensa che la sua fine sia vicina. Freddamente, prova a concedersi solo al loro comandante per evitare di venir passata tra tutti gli altri, ma presto scopre di aver sbagliato a giudicare quegli uomini – e il comandante in particolare. Sareth ha un codice, un codice a cui cerca di attenersi sempre: portare a termine gli incarichi, prendere soldi da un solo committente per volta, non sgozzare innocenti se è possibile evitarlo, non derubare i civili, non distruggere per il gusto di farlo. Lerer è costretta ad ammettere che il suo codice è molto più nobile di quello dei nobili di nascita… e che Sareth è un uomo migliore di qualsiasi marito la sua famiglia potrà mai imporle.

Lerer chiuse gli occhi e posò la fronte sul petto di lui. O meglio, sulla coperta che lo copriva.Non era proprio il massimo, rifletté, autoindulgente: la coperta era piena di peli di cavallo e ne aveva anche l’odore. La scostò un po’ per posare la fronte almeno sul giustacuore di pelle di lui. Serath le sistemò i capelli con le dita e le coprì un po’ meglio la testa.
«Oggi pomeriggio, a cavallo…» mormorò Lerer, contro di lui.
Serath non rispose.
«Mi sento strana anche ora… perché?».
Lui sospirò silenziosamente. Lerer sentì il movimento del suo petto. «Suppongo che sia… l’età» borbottò, a voce così bassa che lei fece fatica a sentirlo.
Sollevò lo sguardo verso il suo. «Che cosa vuol dire? Che cosa…»
I loro nasi si sfioravano, le loro bocche erano vicine. Lerer si rese conto che voleva baciarlo, ma prima di riuscire a mettere in pratica questa idea fu Serath a baciare lei. Sul collo, molto piano.
A Lerer sembrò di andare a fuoco.

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L’imbrogliona

e il mago che la mise nel sacco

Darien Ashtiaend è un mago leggendario: le sue imprese vengono raccontate attorno al fuoco, le sue magie hanno stupito il mondo. Si mormora che abbia scoperto la formula dell’eterna giovinezza e dell’infinita ricchezza… insomma, è la vittima ideale per Lesdra Lawerban, detta Les. Les è una truffatrice. In teoria sarebbe una maga, ma non ha mai potuto permettersi un maestro decente, anche perché i maghi sono tutti dei vecchi porci e nessuna allieva giovane e carina può illudersi di fare l’apprendistato “gratis”. Ora Les ha messo a punto un piano difficile e avventato per introdursi nella torre al confine delle terre fatate di Darien, per sedurlo e per portargli via tutto. È un piano davvero complicatissimo e Darien è smaliziato, pericoloso e anche un po’ bastardo… come potrebbe non funzionare? C’è un unico problema: Darien si accorge subito delle intenzioni di Les, le trova divertenti e si spinge fino a darle consigli su come raggirarlo meglio. Non è così che una vittima dovrebbe comportarsi. E i suoi suggerimenti su come venire sedotto sono… piuttosto immorali.

Non avevo buone intenzioni, nei confronti di Darien Ashtiaend. Oh, no, le mie intenzioni erano pessime. Volevo rubargli il segreto della sua longevità e delle sue ricchezze. O, in alternativa, volevo rubargli tutti i soldi, se non fossi riuscita a fare altro.
Ma cominciamo con le presentazioni.
Mi chiamo Lesdra Lawerban, ma tutti mi chiamano Les. Sarei una maga, se avessi studiato decentemente, ma non ho mai avuto i soldi per permettermi un maestro, né trovato un maestro che volesse istruirmi per pura bontà d’animo. Crescendo, ne ho trovato un certo numero disposto a istruirmi in cambio di… certi servizi, ma capite da soli che un mago disposto a scendere così in basso da barattare la sua arte per un po’ di, ehm, intrattenimento privato, non è mai quel che si suol dire un luminare nel suo campo. Anche perché i luminari hanno tutte le donne che vogliono, è un fatto assodato.
In ogni caso, pagando in natura qualcosa avevo imparato, quindi fatevi pure i vostri conti. Devo aggiungere che nessuno dei miei “maestri” era affascinante. O giovane. O pulito.
Insomma, avevo imparato quel che potevo dai peggiori pervertiti in circolazione.

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Il signore della guerra

Quando l’esercito nevariano attacca la città di Melita Sharrane lei capisce che la sua vita privilegiata è finita. Viene portata via e sta per finire nelle mani di un manipolo di soldati quando un cavaliere dell’esercito nemico la salva dal suo destino. Ma poi Lord Epsos l’ha davvero salvata? Inizialmente sembra che l’abbia semplicemente resa una schiava con cui divertirsi come vuole… o forse no. Senza più una casa né una famiglia Melita non può fare altro che fidarsi di quello sconosciuto. E presto dovrà trovare la risposta a una domanda difficile: si può provare attrazione per il proprio nemico?

Alzò la testa e le sue labbra trovarono le mie. «Continuo a desiderarti. Non riesco a smettere. E dentro di me so che voglio ancora una volta… sfruttare la mia posizione. Ordinarti di giacere con me. Prenderti fino a essermi tolto la voglia e pazienza se tu non mi desideri. È questo a farmi sentire in colpa. Non ne verrebbe niente di buono. Non avevi mai visto un uomo. Non sapevi neppure che cosa fosse il mio seme. Non hai mai voluto stringerti a qualcuno… non per affetto o conforto, ma per desiderio. Non hai mai provato piacere con qualcuno… forse neppure da sola. Ho distrutto la tua città, ti ho strappata alla tua famiglia, ti ho resa una schiava… e ora voglio prendermi pure la tua innocenza. Prima o poi lo farò, mi conosco».

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Un mago, una profezia e un terzetto

Rison è una veggente, pizia al Tempio del Cammino Velato, dove prevede il futuro per tre monete d’oro. Ma la visione che ha una notte non c’entra nulla con il tempio: predice l’incendio del palazzo reale e la venuta di un’entità malvagia. Sono due gli uomini che incroceranno il suo cammino mentre tenta di non fare avverare la profezia: Etydar, un soldato della guardia reale, e Sial, un mago da poco giunto in città. Entrambi conturbanti, entrambi a modo loro pericolosi. Ma irresistibili. Così irresistibili che per Rison scegliere sarà un’impresa nell’impresa…

Etydar sorrise, autoindulgente, e si avvicinò di un passo. Chinò leggermente la testa verso di me e abbassò la voce. «Ammetto che non era esattamente quello che pensavo. Ma non sarebbe stato maleducato chiederti se hai l’abitudine di sfinire i tuoi amanti e poi liberarti di loro?».
Un brivido caldo mi scivolò giù per la spina dorsale e sentii un improvviso desiderio di strofinarmi contro di lui come un gatto.
«Forse un po’ maleducato, sì. Ma è anche una domanda ragionevole. Nessuno vuole sfinirsi, se può evitarlo».
Etydiar si avvicinò di un altro mezzo passo. La punta dei miei capezzoli sfiorava il suo petto, ormai, e dovevo trattenermi per non toccare quel corpo profondamente appetitoso.
«No, personalmente sfinirmi mi piace» disse lui, a bassa voce.
Lo guardai negli occhi e lui guardò me, con espressione tranquilla e un po’ sorniona. Decisamente, avevo sottovalutato quel ragazzo di campagna.

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Lo sciamano

Gli Scuri abitano la valle di Obsidian dall’alba dei tempi, praticando la loro magia in armonia con la natura, parlando con il vento e raccogliendo l’Ambra Sacra, una sostanza magica e preziosa. È a causa dell’Ambra Sacra che il potente esercito di Assiat invade la vallata, imprigionando i suoi abitanti. Sybil è tra i conquistatori, ma non è come gli altri. Vede la bellezza e la dignità degli sconfitti, in particolar modo di Zenith, il bellissimo cantore del vento che suo padre ha riscattato. Il loro sarà un incontro tra due diverse razze e culture, reso difficile dalle circostanze. Un incontro di menti e di corpi, nella sensuale cornice di una valle antica come il mondo…

«Il vento… in che modo il vento ti attraversa?» chiesi.Zenith inclinò la testa da un lato, impassibile come un grosso corvo. «Mmh… qua, nella pancia».
Mi prese le mani e le posò sul suo stomaco. La sua pelle era calda per via del sole, ma non era sudata. Inspirò ed emise di nuovo una nota bassa, musicale, vibrante. Sentii la vibrazione sotto alle dita, come il veloce battito d’ali di un uccello. «Il… diaframma?» chiesi.
Zenith lasciò sfumare la nota. Allontanai le mani un po’ a malincuore, perché… Cercai di non arrossire, mentre mi rendevo conto di quanto avessi trovato gradevole il contatto con la sua pelle, il calore del suo corpo, quella sua vibrazione interna e la consistenza della muscolatura del suo torace.
«Dia-fram-ma» ripeté lui, completamente all’oscuro della mia confusione. «Una sorta di membrana, proprio qua in mezzo. Si chiama diaframma nella vostra lingua, quindi».
Annuii, cercando di ricompormi nonostante Zenith non si fosse accorto di nulla. «Sì, è… mh, l’ho sentito vibrare, penso. È una tecnica trascendentale, vero? Una magia, se vogliamo».
«Se vogliamo, sì».

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Involontarie seduzioni

La congiura dell’anziano duca Athesdel per detronizzare l’imperatore è fallita. Lui è stato giustiziato, suo figlio Kalel è stato costretto a rinnegarlo e a rinunciare a terre e titoli. Il Concilio non è riuscito a provare il coinvolgimento dei Torsenth, una famiglia della nobiltà minore, ma ha deciso di punirli ugualmente, promettendo la loro primogenita a Kalel e forzando lui ad accettare una sposa socialmente inferiore. Dopo il matrimonio quel che resta della famiglia Athesdel è esiliato nell’unica proprietà sopravvissuta alla confisca: Briendad. Qua, nella tranquillità e nella solitudine di un palazzo ammaccato dal tempo, Kalel e Ona impareranno a conoscersi e scopriranno che non tutto è perduto. Nel cercare conforto in tutte le sfumature della passione costruiranno qualcosa che nessuno dei due si aspettava…

«Mi… dispiace» mormorò lui.
Ona lo tirò verso di sé. Chiuse le cosce e gli circondò la vita con le braccia, tenendoselo sopra.
«Kalel?» chiamò.
«Sì?».
Si rese conto che aveva appoggiato la testa accanto alla sua, sul cuscino. Ora riusciva a sentire il suo corpo contro al proprio. Il suo torace e le sue braccia. La sua carne soda e le sue ossa.
«Non è così che sei abituato, è vero?» gli chiese.
Lui restò in silenzio per qualche istante. «No. Mi dispiace, non… dammi qualche minuto, va bene?».
Ona osò accarezzargli i capelli. Vedendo che non scacciava la sua mano, continuò ad accarezzarlo.
«No, dai tu qualche minuto a me. Non dev’essere per forza sgradevole».
«Mi dispiace» ripeté lui.
Lei non gli rispose. «Posso baciarti?» gli chiese.
Sentì il rumore silenzioso di una risata. «Naturalmente».
Gli baciò una guancia e il mento. Si rivoltò in modo da essere lei quella sopra di lui. Le piaceva stringerlo. Le piaceva la consistenza del suo corpo.
Trovò i bottoni del suo pigiama e iniziò a slacciarli. Sapeva che non indossava più i pantaloni, perché sentiva le sue gambe nude sfiorarle le gambe, ma voleva accarezzargli e baciargli anche il torace.
Ora, per qualche motivo, non aveva più paura, forse perché sapeva che poteva essere anche gradevole, molto gradevole. Stesa su di lui, le sembrava di avere la situazione sotto controllo e si sentiva in grado di renderlo appagante. Non voleva che Kalel ricordasse quell’esperienza come un disastro. Non voleva ricordarla come un disastro neppure lei.

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La ninfa

Il Figlio del Buio, Ardan, è stato confinato sottoterra per centocinquant’anni, imprigionato in un sarcofago dai suoi nemici, che erano… be’, i buoni. È stato intrappolato per proteggere il mondo dalla sua sete di potere, dalla devastante forza della sua magia e dalla sua crudeltà. Ma centocinquant’anni (153, per la precisione) sono un periodo molto lungo, specie se non puoi fare altro che riflettere su ciò che è stato. Nonostante questo, quando Ardan viene liberato da un mago nero, le cose vanno come tutti si aspettano: grazie alle sue oscure arti riconquista le terre che gli sono state sottratte e sembra che il suo dominio si espanderà fino agli angoli del mondo. Ma c’è qualcosa che può fermarlo. Non un esercito di maghi bianchi, non un avversario più forte di lui e neppure gli déi… ma la ninfa che doveva essere sacrificata al suo risveglio. Lili non è stata uccisa, e potrebbe essere l’unica persona in grado di far scoprire al Figlio del Buio che cosa sia l’umanità.

Ardan entrò nella stanza da bagno in cui era lei, con i lunghi capelli ancora umidi e un telo nero drappeggiato attorno al corpo.
«Hai finito?» le chiese.
«Sì, mio signore» rispose Lili e fece per uscire dalla vasca.
Ardan la sollevò direttamente dall’acqua. Lili non fece resistenza. Lo guardò, mentre lui la guardava a sua volta.
Il Figlio del Buio la portò fino alla sua stanza. La posò sul suo letto, lasciando che i capelli fradici di lei inzuppassero le coperte. Lili rimase ferma, senza dimostrare paura, mentre lui tornava a guardarla.
Ardan si chinò su di lei. Le posò l’orecchio sulla pancia, come se volesse ascoltare, poi ci appoggiò la fronte. Lili sentiva la punta del suo naso sotto l’ombelico e il suo respiro poco più in basso.
«Sì, percepisco la scintilla» mormorò lui.
La sua bocca toccò la pelle di lei. Lili chiuse gli occhi e aprì le cosce.
«Decisa a essere Sacrificio fino in fondo» mormorò lui, vagamente sarcastico. La sua bocca, mentre parlava, disegnò una forma sulla pelle di lei. «E sento la tua malìa, non temere. Quando hai paura sei più umana… ma d’altronde, vale per noi tutti».
Lili sentì le sue labbra che scendevano verso il basso. La sua lingua scivolò nel suo intimo, assaggiandola. Lili provò l’impulso di chiudere le cosce, ma non lo fece. Lasciò che lui la leccasse e sentì un brivido di paura, di eccitazione e persino di piacere, quando la lingua di Artan la sfiorò sulla piccola cuspide sensibile sopra il suo sesso.
«Un sapore che non sentivo da molto tempo» commentò lui, risollevandosi. Lili rimase ferma, ma sapeva che Artan non si sarebbe spinto oltre. Per il momento.

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Ferite

Dopo la morte del padre, Deane vive nella casa di famiglia con l’unica compagnia dell’anziana domestica, mandando avanti l’allevamento di cavalli di famiglia. Ma durante una bufera di neve, nelle stalle trova un uomo riverso e ferito. È Irial O’Donnell, duca di Clanaghal, signore delle loro terre, abile stregone. Deane lo soccorre e lo cura, senza sapere che questo cambierà per sempre la sua vita. O’Donnell è stato tradito e quasi ucciso e ora i suoi nemici lo cercano per eliminarlo per sempre. Deane lo nasconde e presto diventa evidente che O’Donnell prova qualcosa per lei: un’attrazione forse inappropriata, che rischia di ferire entrambi più di quanto abbiano messo in conto. E neppure tutta la magia del mondo potrà rimettere le cose a posto, dopo…

O’Donnell voltò la testa dalla sua parte. La guardò con lo sguardo velato dalla febbre, ma non disse nulla. Invece, le posò una mano sulla pancia.
Deane sapeva che non era appropriato, ma le piaceva troppo per mettersi a protestare. Lui la accarezzò gentilmente, continuando a guardarla con gli occhi socchiusi. Sentiva il suo fiato sul viso, fresco. La mano di lui scese. Iniziò a tirarle su la gonna.
«Che cosa…» sussurrò. Ma non voleva che si fermasse. Voleva stringersi a lui e voleva che continuasse a toccarla.
«Niente di irreparabile» rispose lui. Ormai le aveva sollevato del tutto la gonna e la sua mano si stava infilando dentro alle alte mutande di lana di lei.
Deane deglutì disperatamente, emettendo un suono confuso.
Lui la accarezzò tra le gambe, tra i riccioli bagnati della sua parte più intima. La accarezzò piano e Deane sentì un piacere nuovo, inspiegabile, bruciante. Aprì le cosce per permettergli di raggiungerla meglio. Chiuse gli occhi e sospirò. Era così… bello.
Sentì le sue dita che la accarezzavano, la titillavano, premevano sull’esterno del suo sesso fino a farle emettere un suono simile a un lamento.
Quando sprofondarono nell’apertura bagnata e sensibile tra le sue gambe, Deane riaprì gli occhi per guardarlo.
«Come supponevo… sei bella, quando godi» mormorò lui.

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Classificazione: 3 su 5.

L’amante di Bastel

A Bastel le amanti sono un’istituzione. Donne educate all’arte dell’amore, raffinate e sensuali, appassionate e devote. Talia è una di loro. Quando Bastel viene conquistata dalla vicina Relico, naturalmente lei diventa bottino di guerra. Viene venduta come schiava e acquistata per un harem, dove dovrà conquistare il cuore del suo nuovo padrone… o perire nell’impresa.
Una storia di passione e gelosia, di tradimento e affetto, di sentimenti alti e nobili e bassi e meschini. Perché l’amore è una guerra sanguinosa, il cui campo di battaglia è nel cuore di chi lotta.

Non avevano veramente parlato fino a quella notte. Dopo l’interludio con d’Oberdain, Lucer l’aveva scortata fino in camera sua e aveva detto solo: «Non ora». Le aveva nuovamente aperto il vestito e aveva iniziato a baciarle il corpo famelicamente, febbrilmente, senza lasciarsi (né lasciarle) un secondo.
Le sue mani avevano percorso il suo corpo come se volessero coprirne ogni centimetro e le avevano aperto le cosce. Le era entrato dentro senza preoccuparsi di sfilarle le mutandine, limitandosi a scostarle, e l’aveva schiacciata contro il materasso come se volesse sentire la sua presenza. Che lei era lì, sotto di lui, per lui. Un corpo da usare e a cui aggrapparsi, mentre il resto del mondo si muoveva vorticosamente.
Talia lo accolse al suo interno e raccolse il sudore che gli gocciolava dalla fronte, la spinta frenetica dei suoi fianchi, l’ansimare pesante del suo petto contro al proprio.
Lasciò che la fottesse come avrebbe picchiato un uomo o come avrebbe fatto a pezzi un oggetto o come si sarebbe gettato nel vuoto. Solo azione. Solo carne in movimento, frizione, calore.

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Classificazione: 4.5 su 5.

La rondine rossa

Rondine Rossa è un’assassina fredda e spietata, ma quando si introduce nelle stanze del reggente dell’Unione della Ruota per ammazzarlo non lo fa a cuor leggero. Lo fa perché è costretta: hanno scoperto la sua identità e ora minacciano di uccidere il figlio che ha avuto da giovanissima e ha affidato a una famiglia di pescatori. Ma il suo piano non funziona e Fedor Grayson la scopre. Invece di farla giustiziare, però, la prende al suo servizio, perché uccida per lui.La strada verso la libertà sarà molto lunga, per la Rondine Rossa, e la strada per i sentimenti sarà non meno impervia…

Aveva indossato il suo costume il mattino dell’ultimo giorno di viaggio. L’aveva confezionato personalmente. Il bustino era molto stretto, la scollatura molto profonda. Per il resto era un abito da cameriera.
Era salita sulla carrozza del reggente, che l’aveva osservata con sguardo analitico.
«Perfetto» aveva commentato. «Respiri?».
Rondine aveva cercato di tenere tutte e due le tette dentro la scollatura. «Lavoro» aveva ribattuto, di cattivo umore.

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Classificazione: 4 su 5.