Ladri e conigliette

Sevil sta tornando a casa dal lavoro, quando viene aggredita da tre malviventi. È notte, vive in un brutto quartiere e sembra che le cose si metteranno male, per lei. Ma all’improvviso spunta dal nulla un uomo. Minaccia gli aggressori con una pistola, la aiuta a tornare a casa. Potrebbe sembrare una specie di angelo, se non le confessasse subito di essere in realtà un ladro con la polizia alle costole. Visto che l’ha appena salvata, Sevil accetta di nasconderlo. Solo più tardi scoprirà che il bel Kael non è solo un ladro di gioielli, è anche nei guai con un malavitoso locale. E che quello che è nato tra loro in un momento di incoscienza molto difficilmente avrà un futuro…

«Sevil?».
Era la voce di Kael, il mio rapinatore custode. Be’, in un quartiere come quello probabilmente era anche meglio di un angelo. «Ora esco» mormorai. Le mie parole si persero nello scroscio dell’acqua. In realtà non ero molto sicura di riuscire a rialzarmi.
La porta si aprì e la tendina venne scostata.
Kael chiuse il getto dell’acqua e mi aiutò a mettermi in piedi.
«Dovevo saperlo che saresti andata K.O.» disse, in tono gentile. «Va bene questo accappatoio?».
Annuii. Era il mio accappatoio. Era verde e un po’ spelacchiato. Kael mi aiutò a indossarlo e mi tirò su il cappuccio, stringendomi bene la cintura in vita.
«S-scusa, non…» balbettai.
«No, è normale. Quando ti rendi conto che stavi per morire fa uno strano effetto. Il mio palo… gli hanno sparato. Credo che sia morto». Mi asciugò i capelli con il cappuccio, strofinando forte. «Se non lo dicevo a qualcuno impazzivo» aggiunse.
Lo guardai nello specchio, nelle zone non appannate dal vapore. Era pallido e sudaticcio. Sembrava sconvolto e spaventato. «O-okay» dissi.
Mi voltai verso di lui e lo guardai direttamente, senza sapere bene che cos’altro aggiungere. Nel mio bagno c’era troppo caldo e troppo poco spazio. Eravamo praticamente incastrati tra la doccia e il lavandino. Mi alzai sulla punta dei piedi e lo baciai. Mentre lo facevo mi chiesi: Sevil, che cavolo ti salta in testa? Ma continuai a farlo, persino con una certa prepotenza, stringendo il maglione di Kael con entrambe le mani.
Lui allontanò la bocca di qualche centimetro, con in viso un’espressione confusissima. «Ma sei sicura?» chiese, in tono stranito.
Annuii e lo tirai verso di me. Lo baciai ancora più furiosamente, finché non cominciò a baciarmi a sua volta. Sembrò che volessimo mangiarci la bocca a vicenda. Gli strattonai il maglione verso l’alto, cercando di toglierglielo. Kael collaborò non appena capì quello che stavo facendo. Mi strinse i fianchi. Poi sembrò sbloccarsi e partire sul serio. Mi infilò una mano tra i capelli ancora bagnati, tirandomi verso di sé. Mi slacciò l’accappatoio e mi palpò una natica, schiacciandomi contro il lavandino.

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Classificazione: 4 su 5.

Fratelli

L’assassino seriale soprannominato dalla stampa “il Vampiro” uccide impunito da quasi dieci anni, appendendo le sue vittime a testa in giù e dissanguandole. Ma gli uomini che uccide si sono tutti macchiati del crimine più osceno: sono molestatori di bambini. Per questo motivo c’è chi crede che il Vampiro non vada neppure punito, visto che in un certo senso rende le strade più sicure.
Ora, però, un nuovo indizio mette i suoi delitti in un’altra luce. Il DNA del Vampiro compare anche su altre scene del crimine, e questa volta le vittime sono giovani donne innocenti.
Per fermare finalmente il mostro, l’FBI si avvale di una consulente fin troppo chiacchierata. Almond Holt, la profiler figlia di un assassino. Grazie alla sua sensibilità unica e talvolta disturbante, Almond si avvicina alla verità… una verità oscura, che affonda le radici nel passato doloroso di due fratelli. A distinguere le vittime dai carnefici avrà solo la sua coscienza…

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Classificazione: 1 su 5.

Educazione sentimentale di un rapinatore di banche

Dale Carter ha già rapinato trentaquattro banche quando entra nella vita di Robin Hare. È il criminale più conosciuto d’America, il nuovo Dillinger, una specie di star. La gente impazzisce per lui, le ragazze agli sportelli gli chiedono l’autografo durante le rapine. Robin ha appena finito la scuola di giornalismo e si trova coinvolta suo malgrado nella vita di Dale. Coinvolta anima e corpo, per così dire. Lentamente, si rende conto che il sex symbol che tutti adorano è braccato da anni, non può uscire dal covo in cui si nasconde in quel momento senza correre il rischio di essere riconosciuto e catturato, non ha una vita sessuale degna di questo nome e ormai è stanco di scappare. Solo che… come può risolversi, una carriera come la sua? Sembra inevitabile finire ammazzato o arrestato. A meno di non avere un piano davvero audace…

Mi lavai un po’ usando il bagnoschiuma che era nella piccola doccia. Supponevo che fosse di Carter, visto che sembrava nuovo e aperto da poco. L’acqua era tiepida e in un certo senso fu tutto piacevole.
Unico problema: non c’erano asciugamani.
Aprii la porta di uno spiraglio. «Dale!» chiamai.
Lui arrivò di corsa, a petto nudo. «Stai bene?».
«Sì, sì, solo che non ci sono asciugamani e sono tutta…»
«Preferisco non sapere» mi interruppe lui. «Aspetta. Ti porto qualcosa».
Restai lì, in piedi, in mutande, con il pezzo di sopra del mio pigiama in mano, il torso bagnato e la pelle d’oca dappertutto.
Carter tornò con un rotolo di scottex. «Cioè, sul serio non c’è…»
«Non lo so, dolcezza. Non ho guardato bene. Voglio dire, non ho guardato dappertutto». Sospirò. «Voglio dire: non ho guardato. Ma comunque in realtà ho guardato. Adesso ti dispiacerebbe chiudere questa porta?».
Ridacchiai e lo chiusi fuori.
«Non è divertente!» lo sentii lamentarsi, nel corridoio.
Mi asciugai usando lo scottex, per poi rimettermi il pezzo di sopra del pigiama. Riaprii la porta e Carter era appoggiato al muro a braccia conserte.
«Volevo andarmene sdegnosamente, ma poi ho pensato che devo riportarti a letto». Chiuse gli occhi e sospirò. Li riaprì. «Ora mi passa. Non sono pericoloso».
Risi di nuovo. «Sei carino. E forse ora riesco a camminare. Se mi sorreggi un po’».
Gli passai un braccio sopra alle spalle e lui praticamente mi sollevò. Emisi un urletto. Mi portò fino in camera da letto, dove mi riappoggiò delicatamente a terra.
«Sei carino davvero» dissi, con un sorriso grato. «Il premuroso rapinatore».

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Classificazione: 4 su 5.

Fatto per uccidere

A Grad cade la neve quando Sophia, su un binario della stazione ferroviaria, lotta con tre uomini che vogliono sopraffarla. Un treno passa sbuffando vapore – forse per lei è la salvezza! – ma no, rallenta e basta, non si ferma. Quando ormai tutto sembra perduto, la porta di un vagone si apre e due mani sconosciute la traggono a bordo. Sophia è sfuggita ai suoi aggressori, ma chi l’ha salvata? Tjark Vinter sembra un gentiluomo, ma sul suo viso una cicatrice rivela che ha combattuto nella Guerra dei Sospiri, dieci anni prima. Sophia scoprirà presto che la guerra gli ha lasciato ben altre cicatrici, dato che Vinter è uno dei pochi maghi da combattimento rimasti in circolazione, uno dei pochi a padroneggiare arti ormai inutili, in tempo di pace. E quando verrà a sapere che è stato arrestato dovrà ricambiargli il favore e salvargli la vita, perché le autorità vogliono cancellare dal mondo lui e il suo segreto… un’abilità che lo rende una perfetta macchina da guerra, ma che gli impedisce di dimostrarle tutta la passione che prova per lei.

Vinter le avvolse una pelliccia attorno alle spalle Sophia si appoggiò dolcemente a lui. Un istante più tardi sentì le sue mani che le massaggiavano i piedi nudi, scaldandoli.
«Grazie» sussurrò. Aveva un seno schiacciato contro il suo fianco e trovava la loro vicinanza sempre più stordente.
Sollevò il viso verso quello di lui e vide la sua espressione seria, quasi accigliata.
«Signora Blomgren…»
«Mi chiami Sophia».
Erano così vicini che quando le labbra di lui sfiorarono le sue Sophia quasi non se ne accorse. Quasi, perché il cuore iniziò a batterle nel petto come un forsennato.
«Mm… Sophia, benissimo. Quindi puoi chiamarmi Tjark. Forse dovremmo andare a letto».
Lei arrossì violentemente, come fosse una ragazzina alla prima cotta, e Vinter sbatté le palpebre un paio di volte.
«Intendevo dire ognuno nel suo, è ovvio. Non volevo suggerire…» Sospirò e la baciò di nuovo. «O forse volevo suggerirlo, dopo tutto. Non riesco a fermarmi. Fermami tu, per favore».
«Come dovrei fare?».
«Potresti dire “smettila”».
La baciò ancora, ancora una volta sfiorando appena le sue labbra.
Sophia si allungò verso di lui, premendogli il corpo contro.
«Sì, smettila, Tjark. Ecco, ora l’ho detto, sei contento?». Intrecciò le dita alle sue e, continuando a baciarlo, si portò la sua mano al petto. «Smettila subito».
Vinter strinse la morbidezza del suo seno. Il cuore di Sophia sembrava impazzito, e anche il suo corpo. Si inarcò contro di lui, mentre con le labbra gli separava le labbra e assaggiava il suo sapore con la lingua.
«In effetti non dovrei» sospirò Vinter, nella sua bocca. La sua mano massaggiava il suo seno in modo così gradevole da darle i brividi, accarezzandola al di sopra della casacca.

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Classificazione: 4 su 5.

Un uomo pericoloso

Cassidy era un’infermiera e aveva una vita ordinata, prima che una serie di circostanze sfavorevoli la portasse a servire ai tavoli di uno strip-club in slip e reggiseno. Ora… è come se il suo passato e St. Martin, il quartiere malfamato in cui è cresciuta, l’avessero reclamata. E niente rappresenta St. Martin più di Dane, il gigante dal naso da pugile e dagli occhi malinconici che ha costruito un impero criminale partendo dal nulla, con la semplice forza della rabbia. Quando le loro strade si incrociano qualcosa scatta subito tra loro, che sia comprensione dovuta alle origini comuni o chimica dell’attrazione… ma Dane è un uomo pericoloso, la violenza gli cammina accanto, e Cassie non vorrebbe farsi coinvolgere…

Era in un angolo, in ombra, ma la sua stazza mi colpì quanto il suo sguardo vigile. Era più di un metro e novanta, con le spalle larghe, il petto ampio, il collo muscoloso.
Fino a quel momento aveva parlato sottovoce con l’elegantone, ma a quel punto alzò la testa.
«Di’ un po’, sei nuova?» chiese.
«Sì, signor Savard».
«Vieni un attimo qua. Tyron, chiama un’altra cameriera. Fatti portare anche qualcosa da mettere sotto i denti».
Il capo-piazza, Tyron, mi lasciò subito andare e io mi alzai per spostarmi verso Dane.
«Siediti» disse, dandosi un paio di pacche su una coscia.
«Sì, signore».
Mi sedetti con aria tutta seria, le gambe strette e le spalle dritte.
«Vedi… è questo il bello di St. Martin. In posti come il Vegas trovi ragazze sempre nuove e sempre affidabili. Non nel senso che non rubano dalla cassa – magari lo fanno – ma nel senso che non parlano con le persone sbagliate di quello che sentono… anzi, cercano proprio di non sentire niente. È vero?».
Aveva parlato all’elegantone, ma l’ultima domanda era per me.
«Sì, signore» confermai.
«E puoi divertiti con loro senza complicazioni… restando entro certi limiti. Vuoi toccarla? Quello puoi farlo. Pagando».
Il tizio in completo mi scoprì una tetta.
«Carino, no?».
«Sì, è… be’, pensavo che in posti come questo fossero tutte rifatte. Ma lei è naturale. Come ti chiami, bellezza?».
«Cassidy… per lei Cassie».
Dane si rilassò contro lo schienale del divano e io gli finii addosso. Feci per raddrizzarmi, ma lui mi diede una pacca bonaria su una coscia.
«No, va bene. E sei nuova, mh? Da quanto tempo…»
«Meno di una settimana, signore».
Avevo un fianco contro il suo stomaco ed era come essere stesa su una seduta di legno appena leggermente imbottita, questo tanto per darvi un’idea di che tipo fosse.

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Classificazione: 5 su 5.

Nel profondo

Nella piccola città della Louisiana dove Lauren è nata e cresciuta tutti sanno che i Blanchard sono criminali. La loro grande tenuta si perde nelle paludi e Dio solo sa che cosa succede là dentro. Il fratello maggiore non si vede quasi mai, la sorella di mezzo è nota per le sue intemperanze e il minore, Rivet, sembra quasi simpatico, ma è anche il sicario della famiglia. Lauren esce con il suo autista da qualche mese quando lui la nota… ed è difficile dire di no, quando il tuo capo ti chiede di prestargli la tua ragazza per una festa, specie se il tuo capo potrebbe ucciderti se rifiuti. Lauren accetta di andare alla tenuta dei Blanchard, senza sapere che oltre quelle mura la attendono segreti e piaceri oscuri e inimmaginabili. Un uomo, Rivet, combattuto e complicato, due bambini capaci di conquistarti con uno sguardo e una famiglia dal cuore nero come l’acqua delle paludi…

Parcheggiò e vide che davanti alla vetrina principale c’era una Mercedes grigia. Il finestrino del guidatore era abbassato e spuntava il braccio abbronzato di Gage.
Lauren si avvicinò, vide che era proprio lui e si sporse all’interno.
«Mi sembrava di aver visto un bel tipo al volante di un macchinone» lo salutò, chinandosi per baciarlo.
Gage rispose al bacio e le lanciò un’occhiata bonaria.
«Dai, sto lavorando».
«E anch’io, eh. Sono venuta a comprare del vino».
«Pensavo che al Croc fosse tutto a base di gravy» disse una voce dall’accento educato, ma inconfondibilmente locale.
Lauren si voltò di scatto.
«Scusi, signor Blanchard» disse Gage.
«Scusi, era solo un saluto veloce» aggiunse lei, con un sorriso un po’ teso.
Rivet Blanchard era uscito dal negozio dei liquori seguito da due uomini vestiti di scuro, ognuno dei quasi trasportava una cassa di vino. Vero vino, non come quello che stava andando a comprare Lauren.
«Rilassatevi» disse Rivet, con un sorriso divertito. «Scambiare due chiacchiere non è reato. È la tua ragazza, Gage?».
Mentre lo diceva le lanciò una bella occhiata.
«Sì, signore» rispose lui. Lauren pensò che sembrava nervoso.
«Be’, stasera potresti prestarmela. Per la festa. Sarebbe un problema?».
Ora, normalmente dopo una frase del genere Lauren non se ne sarebbe stata zitta. Avrebbe protestato, dicendo che non era proprietà di Gage e che di conseguenza non stava a lui decidere se “prestargliela” o meno, e probabilmente avrebbe aggiunto anche che poteva fare lo sforzo di chiederlo direttamente a lei. Dopo di che gli avrebbe detto che poteva scordarselo.
Il problema era… che quello era Rivet Blanchard.
Lauren se ne restò zitta per non mettere nei guai Gage.
Gage deglutì e disse, a voce piuttosto bassa: «Suppongo di no».
«No? Ottimo, allora puoi passarla a prendere dopo le otto. Ora andiamo».
Lauren lo vide salire in macchina insieme ai suoi due scagnozzi e chiudere le portiere. La Mercedes ripartì senza che nessuno le dicesse più una parola.

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Classificazione: 4 su 5.

Imprese erotiche di una spia a contratto

Lolie Sebastien, spia freelance al servizio del miglior offerente, sa come sfruttare le sue molte doti: un viso d’angelo, nervi saldi e nessuna traccia di un cuore. Anche se poi quest’ultima cosa non è vera. Un cuore ce l’ha, solo che l’ha dato all’uomo sbagliato, una spia britannica a cui di lei non importa niente. Finché non incontra Zoran Brković, agente segreto anche lui, ma fatto di tutt’altra pasta. Di missione in missione, di paese in paese, di rivolta in rivolta, di guerra in guerra, Lolie e Zoran si inseguiranno in una danza sensuale e pericolosa, dalla quale entrambi usciranno cambiati, forse per sempre.

«Nel suo profondo, credo che Zoran Brković sarà sempre un soldato» mi disse Quinn, la prima volta che mi parlò di lui. «Esegue gli ordini senza fare domande. Be’, perché non gli interessano le motivazioni, probabilmente, ma comunque… È disciplinato, ordinato. Quando lo vedi per la prima volta ti fa una strana impressione, ma non è sgradevole. Più lo guardi e più ti abitui a lui. Alla fine potresti persino trovarlo bello».
«Non vedo che cosa c’entri, Quinn. Ne parli come se dessi per scontato che ci andrò a letto» risi io.
Lui mi rivolse un sorriso a metà. «Be’, è un po’ la tua tecnica, no? E intendiamoci… non ho niente in contrario. Anzi, mi piace. Mi piace avere tra gli operativi una un po’ ninfomane come te, Lolie Sebastien».
«Bene, poniamo che me lo porterò a letto. A parte questo che cosa…»
«È nato in Serbia trentasei anni fa. Fatti un paio di conti e capirai che non ha avuto un’infanzia particolarmente felice. Subito dopo la fine del conflitto si è ficcato nell’esercito… soldati addestrati dalle truppe NATO, hai presente. Profilo esemplare, ottimo cecchino, ma quelli non erano paesi per uomini ambiziosi, allora meno di ora. Si è dimesso e ha iniziato a lavorare a contratto».
«Per il miglior offerente?» chiesi. Mi ricordava qualcuno.
Io.

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Classificazione: 4.5 su 5.

Dietro alte mura

Anna Aextesia è nata e cresciuta in una delle Alte Fortezze, antiche roccaforti costruite in cima a pinnacoli artificiali durante le ultime Guerre. Le Guerre sono finite e ormai da un secolo regna un’instabile pace, quindi l’antica e nobile famiglia Aextesia non ha più un ruolo. Finché ad Anna non viene chiesto di esaminare un prigioniero particolare, un sicario che ha ucciso decine di volte al soldo dei paesi nemici, un Senza Nome sulle cui origini non si sa nulla.Il loro sarà un incontro di mondi, prima ancora che personale. Mondi all’antitesi che non avrebbero mai neppure dovuto sfiorarsi…

«Adesso capisce che cosa intendo?» chiese.
«Certo» risposi, calma, malgrado il cuore mi martellasse ancora nel petto come un tamburo. «Ho capito che non vuole essere sottovalutato solo perché si comporta in modo educato. E che vuole ribadire che anche lei è un professionista, anche se in una disciplina diversa dalla mia. Voleva anche dirmi» aggiunsi «che non le piace essere considerato malato o bisognoso di aiuto. Ecco che cosa ho capito».
DeVrai mi lanciò un’occhiata dura. «Ha capito questo, eh?» disse.
Mi alzai e andai a sedermi davanti a lui, come il mister con un ragazzino della sua squadra. Gli appoggiai le mani sulle ginocchia e lo guardai negli occhi.
«Mi lasci fare a modo mio» gli chiesi. DeVrai appoggiò le sue mani sulle mie. «E mi chiedevo… ha funzionato?» mormorò.
Non distolsi gli occhi dai suoi. Il momento si allungò e diventò sempre più strano, sempre più pauroso e sempre più coinvolgente. Fu come se tutti i nostri discorsi si solidificassero tra noi e creassero un momento sempre più denso. Un momento in cui si raccolse l’energia cinetica dei movimenti di poco prima, del contatto dei nostri corpi, della forza della sua dimostrazione, con cui aveva spostato il baricentro della nostra relazione, che io lo volessi o meno, ricordandomi che lì dentro il più forte era lui.
Fu il momento che temevo. DeVrai mi guardava e io non osavo distogliere gli occhi dai suoi, ma i capezzoli mi si indurirono, letteralmente, e mi eccitai come una scema. Sentii il mio sesso che si dischiudeva e si riempiva di umori. Non abbassai lo sguardo. Non lo fece neppure DeVrai. Continuammo a guardarci come se stessimo giocando al gioco del silenzio, ma percepivo il suo torace che si alzava e abbassava e in qualche modo sapevo che era eccitato come me. Capivo di dover uscire da quella situazione, anche se era difficile separarsi dalle sensazioni che provavo. Erano forti, eccitanti, pericolose.
Annuii lievemente. «Sì» risposi alla sua domanda. «Sì, ho capito».

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Classificazione: 3 su 5.

Quel bravo ragazzo

Il compito di Janet Bellini sulla carta non è difficile: portare una bozza d’accordo a un capo-clan pronto a pentirsi, farglielo firmare a tornare alla procura federale. Angelo Balistreri si sta nascondendo con l’intera famiglia in un compound estremamente protetto a nord dello Stato di New York. Sembra che nulla possa andare storto, ma quando Janet e il suo collega arrivano sul posto la villa viene colpita a colpi di lanciarazzi. Janet si trova a dover proteggere Angelo Balistreri e la sua famiglia dagli attacchi delle famiglie rivali, che vogliono azzittirlo prima che testimoni contro di loro. Non è un compito semplice: Angelo è paranoico, preoccupato e nutre una profonda sfiducia nel genere femminile. Le donne, per lui, servono solo a una cosa e non fa mistero delle sue idee. Il problema è che Janet lo trova attraente… primitivo, ma sexy da morire. E Angelo non ha mai rifiutato una “femmina” in vita sua…

Janet uggiolò di dolore, ancora scossa dal piacere, e Balistreri si sfilò, per poi caderle addosso.
«Quindi… agente Bellini, ce l’hai un nome?».
«J-Janet» rispose lei, un po’ perplessa.
Lui le leccò il collo. «Piacere, Angelo. Lasciamoci alle spalle i brutti momenti e cerchiamo di uscire vivi da questa storia. Fino a poco fa ti consideravo sacrificabile, ma negli ultimi minuti ho deciso che il tuo culo merita di essere preservato. In senso letterale».
Lei sospirò. «Bene. Molto romantico».
Angelo le lanciò un veloce sorriso. «L’ultima donna con cui sono stato romantico è saltata in aria».

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Classificazione: 5 su 5.

La protetta del capitano

È l’inizio del 1700 e Lupe Isadora Diaz y Jimenez, una ragazza di appena diciott’anni, viaggia su un bastimento spagnolo con l’uomo che l’ha costretta a diventare la sua amante. Ma la nave viene assalita dai corsari e Lupe si trova prigioniera degli uomini più terribili del mondo, dei veri diavoli in terra. Il capitano Duncan McCready le spiega subito che non vede una donna da sei mesi e che, quindi, sarà la benvenuta nella sua cabina.Lupe teme di essere finita in un inferno peggiore di quello in cui già viveva, ma forse si sbaglia. Il capitano è un uomo duro e sboccato, è vero, ma è anche intrepido e generoso. Sarà lui il primo a farle scoprire il piacere… e il brivido dell’avventura.

«Dovremo trainare la Reina Cristina, signor Rowls» furono le successive parole del… capitano? Doveva essere il capitano, a giudicare da come tutti lo ascoltavano in silenzio. «Trovate una baia isolata dove possiamo aggiustare l’albero, il fasciame, il sartiame… è tozza, ma si può vendere, una volta a casa. In quanto all’equipaggio…». Si strinse appena nelle spalle. «Qualcuno dovrà manovrarla, questa bagnarola, quindi vedete se vale la pena di tenerne una decina. Gli altri possiamo lasciarli a terra. Galtiero Vasquez y Torres viene sulla Sultana, ovviamente. Lo chiuderemo nel quadro di prua. La ragazza…» Si voltò verso Lupe e sorrise soddisfatto, sgranchendosi le spalle. «Ah, le gioie del comando. Portatela nella mia cabina».
«Guardate che non sono una prostituta!» protestò lei, cercando di dimostrarsi offesa invece che terrorizzata. «Non so che cosa vi ha detto Galtiero, ma è un sudicio bugiardo!».
Sul viso dell’altro si aprì di nuovo un sorriso, veloce e un po’ indisponente. «Peccato. Dovrò insegnarti». I corsari sghignazzarono selvaggiamente.
Lupe avrebbe continuato a protestare, ma a quel punto due membri della ciurma la afferrarono e la portarono via.
Riuscì ancora a sentire il signor Rowls che borbottava: «Con questa avrete da divertirvi, capitano».

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Classificazione: 4.5 su 5.