Sesso & Potere – fuori collana

Omar Ricciardi è appena stato nominato Presidente del Consiglio. Come sia successo non è del tutto chiaro neanche a lui. Il precedente governo è caduto, okay. In Italia succede spesso. Tutte le persone a cui il Presidente della Repubblica ha conferito un incarico esplorativo non sono riuscite nell’impresa di formare un nuovo esecutivo. Omar sì, anche perché ormai erano tutti esausti.
Ora si trova con un mestiere che non vuole fare, con problemi da risolvere molto più grandi di lui e con un orizzonte temporale estremamente limitato, perché sa già che il suo governo cadrà al primo muover di foglia. Unico aspetto positivo, il nuovo assistente che il suo segretario gli ha procurato si chiama Andrea, sì, ma è una donna. Una giovane donna con le idee molto chiare e nessuna illusione sulla politica, forse disposta a rendere la sua vita migliore sotto più di un punto di vista. Mentre tra loro aumenta l’attrazione, però, per Omar aumentano anche i problemi. In modo esponenziale.
La politica italiana come non l’avete mai vista. E mai la vedrete nella realtà.
Rettori la precedette verso lo studio del presidente, la famosa Galleria Deti, bussò e aprì in un unico gesto. «Omar, c’è qua la prima candidata per il ruolo di capo della segreteria particolare».
Ricciardi era seduto dietro una grande scrivania. Alle sue spalle, una finestra e le bandiere, tutto attorno, dipinti a olio di certo antichi e preziosi, dorature come se piovessero, un soffitto a cassettoni affrescato, tende e poltrone di broccato in tinta e una carta da parati dorata che nessuno sano di mente avrebbe definito sobria. Ricciardi, là in mezzo, sembrava fuori luogo.
Andrea l’aveva visto in TV un paio di volte e aveva fatto un’approfondita ricerca sul suo conto prima di mandare il curriculum. Di cinque anni più anziano di lei, bel viso virile, spalle larghe e fianchi stretti, indossava un maglione bianco piuttosto sformato che rovinava tutto.
«Pensavo che fosse un maschio» ammise candidamente, lanciandole un’occhiata infelice.
«No, Omar. Andrea è un nome anche femminile» puntualizzò il segretario.
«Va be’. Si accomodi, prego».
Andrea si accomodò su una sedia rivestita di broccato rosellino.
«Se preferisce un assistente uomo lo capirò» disse, con un altro sospiro. Era inutile rendergli le cose difficili. Per quanto il suo governo non avesse molte chance di arrivare a sei mesi di vita, era per sempre il Presidente del Consiglio.
«Di sicuro lo preferisce Carlo. Sospetto che abbia scazzato per via del nome. Le succede spesso?»
«Tutto il tempo. Be’, tranne all’estero».
«Già. Mmm… per lei viaggiare è okay?»
Non era la prima domanda che Andrea si aspettasse. «Sì» rispose, un po’ stupita.
«Orari del cazzo, carico di lavoro disumano?»
Era chiaro che Ricciardi doveva ancora mettere a punto il suo lessico presidenziale. «Me lo aspetto, sì».
«Pompini durante la pausa pranzo?»
Andrea non cambiò espressione. «Ma solo se è ragionevolmente pulito».
Ricciardi sbatté le palpebre. Rise. «Era una specie di trabocchetto».
«E la mia era una risposta onesta. La politica è quel che è».
«Ah». Chiaramente era rimasto a corto di domande. «Ci tengo a ribadire che era un trabocchetto. Le persone imperturbabili mi innervosiscono, finisco per sparare cazzate».
«Tendo a essere imperturbabile, mi dispiace».
«Mi sa che non siamo fatti l’uno per l’altra».
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