Operazioni negabili

Drew ha provato a derubare una grossa compagnia di sicurezza e le è andata male. Catturata da quelle che avrebbero dovuto essere le sue vittime, viene messa davanti a una scelta: lavorare per loro, alle loro condizioni, o essere consegnata all’FBI e rischiare trent’anni di prigione. Tra le due, la seconda prospetta i rischi maggiori, ma offre anche più possibilità di fuga…
Certo, le condizioni non sono gradevoli. Il luogo in cui è costretta a lavorare è strano, disturbante, alienante: un appartamento sprofondato in una penombra perpetua e con tutte le pareti di vetro. Body scanner all’entrata e all’uscita. Nient’altro che la biancheria intima addosso, in teoria per evitare che porti dentro o fuori qualcosa, ma in realtà, Drew ne è consapevole, per intimidirla.
E il dettaglio peggiore: Eric West, il capo della compagnia di sicurezza. Un uomo bellissimo, ma immerso nella paranoia, che inizia subito a giocare con lei come il gatto col topo. Riuscirà Drew a liberarsi? E specialmente… davvero non voleva essere catturata?

«Questo…» provò a dire. Voce roca e spezzata. Tossì. Ci riprovò. «Questo è un sequestro».
«Sì, sì» rispose West, quasi spazientito. «Ma molto breve, non preoccuparti. Abbiamo le prove che hai cercato di derubarci. Tra la violazione informatica, i malware, la compromissione della banca dati, eccetera, se ti consegniamo all’FBI rischi una trentina d’anni di carcere. Con la sicurezza nazionale di mezzo, per di più. Noi?» Un’altra scrollata di spalle. «È stato un arresto illegale, è vero, ma al peggio ci faranno una multa. E con i tempi di reazione che abbiamo avuto, è quasi una pubblicità».
Drew sbatté le palpebre. E quindi? Non capiva dove volesse arrivare West.
Poi lo capì.
«Ma siete stati crackati, eh? Quello meglio non farlo sapere in giro».
Un gesto vago. «Tra l’altro, sì. Hai lavorato da sola?»
«Sempre».
«Se ci stai mentendo lo scopriremo».
«Accomodatevi». Prese fiato. «Non ho capito che cosa vuole da me».
«Ricattarti, no?»
Drew aggrottò la fronte. «In che senso…»
«Oddio, tecnicamente assumerti. Ma se rifiuti, ti consegneremo all’FBI, quindi “ricatto” mi sembra più appropriato».

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Classificazione: 4 su 5.

Bang bang

Quando un action hero incontra una ragazza dalla lingua tagliente, non c’è tecnica di combattimento che possa salvarlo.

Il sergente del SAS Ryan Hill è in malattia, dopo essere stato ferito a una gamba. A salvarlo da una noiosa convalescenza ci pensa il suo capo, affidandogli un incarico speciale: proteggere una stand-up comedian finita nel mirino del terrorismo islamico. Darcy Yates non immaginava che fare una battuta sulle barbe dei combattenti dell’ISIS l’avrebbe messa in pericolo, ma è successo e ora deve uscirne in qualche modo. Darcy è pungente, è labourista e odia i militari. Non a caso, dato che è la figlia di un generale, lo stesso generale che le ha appena inflitto una scorta di quattro Rambo dei corpi speciali. Darcy non ha alcuna simpatia per quelli che considera sociopatici dal grilletto facile drogati di adrenalina, ma bisogna ammettere che Ryan, il capo pattuglia, è divertente. E sexy. E molto, molto in forma. Nemmeno la consapevolezza che quel tizio è addestrato a uccidere con qualsiasi oggetto, da una matita a un peluche, riesce a smontare l’attrazione che prova per lui, ma c’è un elemento che rema contro sgraditi coinvolgimenti emotivi: il bel Ryan, lì, rischia la vita su base giornaliera in pericolose missioni nei teatri di guerra di tutto il mondo e Darcy sa fin troppo bene com’è aspettare a casa uno che potrebbe non tornare…

«Spiegami questa cosa della mascolinità tossica» disse lui, dopo un po’, cercando di farla pensare a qualcosa di diverso dai due stronzi che li seguivano. «Secondo te il problema degli jihadisti è quello? Mascolinità tossica?»
Darcy sbuffò. «E avranno il cazzo piccolo. Di sicuro».
Lui si mise a ridere. «Non mi sembra un commento molto femminista».
«Ti sbagli. Perché—
Il telefono di Darcy iniziò a suonare ed entrambi guardarono il display.
«Cavoli, è Miranda. Devo risponderle».
«Certo, ma credo che sia meglio non darle dettagli dell’operazione».
«Okay». Darcy attivò il vivavoce. «Ciao cara».
«Ciao, volevo solo sapere come andava».
«Benino, ma ora sono distrutta, Miranda. Sto guidando verso Cardiff. Possiamo sentirci domani?»
«E che fine ha fatto il tuo bel marine? Non può nemmeno sostituirti al volante?»
Darcy sospirò. «È qua. E spero che i tuoi apprezzamenti estetici lo facciano soprassedere su “marine”, perché mi piacerebbe avere ancora te come agente, nei prossimi anni».
«Oh. Ops. Salve, Ryan».
«So dove vivi, Miranda» disse lui e Darcy quasi sorrise.

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Classificazione: 3 su 5.

Keene

Skull and Bones 3: Dominium

È un personaggio sfuggente, ambiguo, fumoso. A capo dei Taciti Viri, una sezione delle forze armate che formalmente non esiste, la sua sfera di influenza sembra estendersi ben al di là del suo campo d’azione: operazioni negabili. C’è chi lo definisce l’anima nera della Societas Intermundi, la grande federazione di pianeti, ma è davvero così deviato e corrotto? O persegue invece una sua idea di giustizia, in cui il male peggiore può essere scusabile, in virtù di un bene superiore? Iulius Saito, candidato premier in un momento storico difficile per la Societas, con i pianeti della periferia in rivolta e il governo in carica che minaccia di trasformarsi in una dittatura, si troverà a fare i conti con questo enigmatico servitore pubblico. Chi è davvero Tacitus Keene? Che cosa vuole? Perché ha deciso di proteggere Saito anche a costo della sua vita? In che modo i suoi intricati rapporti con Helia Cross, l’agente già sconfitta una volta, con Ardente, il pirata nemico della Societas, e con i vertici del potere influiranno nel complesso gioco che sta per cominciare?
E in un mondo in cui anche i sentimenti sono moneta di scambio, che ruolo avranno quelli di Saito per il suo angelo custode dagli occhi pallidi?

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Classificazione: 4 su 5.

Smooth Operator

Sesso & Potere 6

Leon Snider, il nuovo comandante dell’Unità Antiterrorismo della capitale delle Svetlands, al suo insediamento non è il benvenuto. Nel suo passato c’è una strage in cui è morta buona parte della sua squadra e nessuno dei suoi uomini lo vuole come capo. Cassandra Milton meno degli altri. Per lei, resa orfana da una bomba, l’Unità Antiterrorismo è come una famiglia e non ha nessuna intenzione di aiutare quello che considera soltanto un assassino di poliziotti. Ma Snider è un personaggio particolare: ambiguo, affascinante, senza scrupoli e con un senso dell’umorismo nerissimo. Tutti lo odiano, ma è difficile non essere presi nella sua rete. Per di più si avvicina il giorno del matrimonio del cancelliere, l’allarme terrorismo è massimo e sembra che solo Snider sia in grado di fermare la cellula di estremisti che minaccia la città. Cassandra sarà costretta a prestarsi al suo gioco, per un bene superiore. Ed è poi così malvagio, il comandante Snider? O nasconde un segreto di stato che non è libero di rivelare?

Lunedì mattina alle dieci fu convocata al Marshal da Snider. La sua telefonata fu breve e brutale: «Visto che non vuole perdersi la minima opportunità di farsi uccidere, stiamo per effettuare una ricognizione. Se arriva entro un quarto d’ora, l’aspettiamo».
Cassandra arrivò in dieci minuti.
Aveva un modo infallibile per aggirare il sempiterno traffico di Garamantia: viveva a dieci metri dalla metropolitana, sulla linea gialla che aveva una fermata proprio alle spalle del Marshal.
Si presentò in armeria con la tuta operativa già addosso.
Snider aveva la metà superiore della sua ancora abbassata. Sotto portava una t-shirt blu della polizia, molto decente, ma anche piuttosto attillata. D’altronde a nessuno piaceva trovarsi una t-shirt troppo larga appallottolata sotto la tuta, era scusabile, ma Cassandra avrebbe fatto a meno di riuscire a contare i bugni dei suoi addominali. Nell, al contrario, si stava chiaramente godendo lo spettacolo.
«È venuta in elicottero, Milton?» disse lui, con un mezzo sorriso divertito.
«Metro».
«È davvero senza paura».
Si infilò una manica e controllò la mitragliatrice MP5, prima di finire di chiudersi la tuta e passarsela a tracolla. Non si poteva negare che fosse piacevole alla vista.

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Un’abitudine pericolosa

Aidan Smith ha perduto l’amore. Almond se n’è andata con un altro e non tornerà più. Forse per questo, quando gli hanno chiesto di tornare in medio oriente e di rischiare la vita per il suo Paese, non ha trovato nessun motivo per rifiutare.
Brooklyn Wilson la vita ha scelto di rischiarla coscientemente. Essere una marine per lei non è più abbastanza, da quando suo fratello è morto in Afghanistan, così decide di entrare in una squadra per le operazioni speciali. In quella squadra ognuno ha un motivo, chissà quale, dal tenente Cruz, un concentrato di testosterone e sex appeal, alla bella caporale Scott, al silenzioso Daniels, a Fisher il cui matrimonio è finito, a Cole dal sorriso aperto.
Le storie di tutti loro stanno per incontrarsi tra le montagne aspre al confine tra Pakistan e Afghanistan, dove la vita vale poco e l’amore è un lusso che nessuno può concedersi.

Quando il debriefing era finito, Wilson gli aveva chiesto se aveva qualche altro minuto per parlare con lei, senza il registratore.
«Ma certo» aveva risposto Aidan, anche se tutto quello che voleva era andare a letto.
E così ora erano seduti al banco del bar dell’hotel dove Stonewall l’aveva portato la sua prima sera a Islamabad, dove l’aveva interrogato facendola passare per una conversazione amichevole, per poi annunciargli che il giorno dopo gli avrebbero fatto il poligrafo. Procedura standard.
Aidan aveva passato la macchina della verità senza sforzo. Era una di quelle persone, di quelle il cui battito resta costante, che non sudano quando mentono e le cui pupille si allargano solo quando hanno paura o sono eccitate, ossia non durante uno stupido test.
«Non sono riuscita a capirlo» gli disse Wilson, con davanti un bicchiere di bourbon. «Che cosa ne pensa lei, no? Di solito lo capisco, ma lei è davvero impenetrabile».
«Sì?».
«In senso positivo. Dev’essere bello essere così… distaccato. Scusi, non dormo da troppo tempo, parlo a vanvera».
«Lo dica a me. Ma non sono distaccato, lo sembro solo».
Lei rise, bevve un sorso. «Un bel vantaggio. Non so che cosa pensare di tutta questa storia. Ho già cambiato idea mille volte. Eppure non è difficile: Cruz ha preso la decisione giusta. Come ha fatto non lo so…»
«Perché aveva una relazione con Scott».
«Ah, quindi lo sa».
«È più o meno la prima cosa che mi ha detto. È abbastanza devastato».
Wilson guardò nel bicchiere. «Uhm, le ha detto anche…»
Certo che glielo aveva detto, ma Aidan fece il finto tonto. «Che cosa?».

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Dalla parte di nessuno

La guerra civile infuria quasi da sei anni in Terassia, una minuscola nazione contesa tra l’est e l’ovest del mondo, quando Zeeva Farley arriva a Silvka, una delle principali città del paese. Zeeva è una corrispondente britannica, una giornalista dallo sguardo acuto e dalla mente curiosa. L’attacco su larga scala da parte di una delle fazioni in lotta coglie alla sprovvista lei e il suo operatore, Kostya. Nell’apocalisse dei bombardamenti, vengono tratti in salvo da una milizia di ex-appartenenti alle forze armate, che consente loro anche di documentare la situazione in città. È in questo modo che conoscono Maksym Sewick, il comandante della compagnia di soldati irregolari che sta cercando di proteggere la popolazione civile dagli attacchi dei loro stessi governanti. Il suo lavoro ha insegnato a Zeeva a costruire in fretta rapporti significativi con persone degne di fiducia, e capisce subito che Sewick può essere forse un uomo complicato, ma è una persona degnissima. Quello che non immagina è che conoscerlo cambierà per sempre la sua vita…
Una storia di guerra e di amicizia, di azioni avventate e amore, di coraggio e di follia. E di speranza, una speranza che muove il mondo.

«Ho letto i suoi articoli, signora Farley».
Stava albeggiando e Zeeva non era riuscita a dormire un attimo. Maksym Sewick l’aveva trovata seduta per terra in un angolo, in corridoio, con il laptop aperto sulle cosce.
«Signora Farley sembra il nome di mia nonna. Può chiamarmi Zeeva come tutti».
Il viso di Sewick rivelò un certo disagio, ma finì per annuire, forse decidendo che il livello di informalità con quella sconosciuta non aveva davvero importanza, mentre la città veniva fatta a pezzi da tre diversi eserciti.
«Ho letto i tuoi articoli, Zeeva. Quelli su di noi, ma anche gli altri pezzi che sono comparsi sul giornale per cui scrivi. Sei stata alla tua parola e cerchi di dipingere in modo… equilibrato quello che sta succedendo al mio paese. A volte diventi un po’ melodrammatica, ma… be’».
«Scusi se glielo faccio notare, comandante, ma ci sono dei bombardamenti in corso. Si combatte nelle strade. Ieri notte ho visto l’ospedale di Medici Senza Frontiere bruciare, colpito da un attacco skhidni. Non credo di essere melo-drammatica. La situazione è drammatica, punto. Non trova?».
Sewick la guardò in silenzio per diversi secondi.
Zeeva poteva vedere che era stanco, spossato. Aveva la faccia nera di fuliggine, ma solo sui bordi, come se avesse cercato di ripulirsela con un asciugamano umido o qualcosa del genere. E la sua manica sinistra era scura di sangue ormai rappreso.
«I governativi stanno perdendo terreno. Le loro truppe sul campo sono inadeguate. L’unica cosa che tiene ancora a bada l’avanzata degli insorti sono gli attacchi arei. Attacchi che radono al suolo interi isolati di Silvka in un colpo solo».
«Isolati pieni di persone, lo so. L’ho visto. Stanno bombardando la loro stessa gente».
Sewick annuì. «Come ti dicevo… penso di sapere che tipo sei, Zeeva. Vedi le cose con chiarezza. Vai dritta al punto. In città la situazione non andrà a migliorare».

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Classificazione: 1.5 su 5.

Desiderio oltre le stelle

Lunaria Wilkinson ha faticato molto per arrivare a ricoprire il posto di assistente del Generale Larsen, lavorare sulla SIS Ales, l’ammiraglia della Societas Intermundi, e occuparsi di politica interplanetaria. Essere lì è un po’ come stare al centro dell’universo e, vista da lì, la guerra fredda con le ex-colonie della Secessione sembra lontana.
Isabelle Lefebvre sulle ex-colonie ci è nata. La sua navicella è finita nelle maglie della Societas e ora è prigioniera su un mondo sperduto della Fascia Esterna. La sua posizione potrebbe essere peggiore, tuttavia. Mentre aspetta di venire scambiata con qualche altro prigioniero viene tenuta nella foresteria della residenza ufficiale del Governatore Brant. Il quale è gentile, seducente, bello come solo gli abitanti dei mondi interni… ma ci si potrà fidare di lui?
Nel contempo Lunaria trova sempre più difficile non cedere al fascino dello scostante Larsen… e forse neppure lui è disinteressato alla questione. Gli basta uno sguardo per farle bollire il sangue… come fare, senza mettere a rischio il lavoro per cui ha tanto faticato?

«Miss Wilkinson? Potrebbe farmi un favore personale?» mi chiese Larsen quella mattina.
«Sì, certo».
«Potrebbe, come dire… smetterla di provare a essere meno sexy?».
Sbattei le palpebre. «Non funziona neanche questo, eh?».
Avrei preso il muro a testate.
«Non capisco. Per favore, me lo spieghi. So che ha cose molto più importanti a cui pensare, ma… solo per questa volta, okay?».
Lui mi fissò. Era seduto dietro la scrivania e io ero in piedi su un lato.
«Sarò sistematico e partirò dall’alto. Non c’è assolutamente nulla che possa fare per rendere meno attraente il suo viso, se non, forse, sfregiarsi. Ma non sono sicuro che funzionerebbe e comunque la invito a non farlo. Anche il suo collo è una causa persa: è lungo, bianco e probabilmente sa di panna. Lo guardi e ti viene voglia di leccarlo. Subito sotto…» fece anche un vago gesto con un dito «…la sua scollatura poco accentuata. Ha uno sterno, Miss Wilkinson, che sembra fatto apposta per essere baciato. Le tette sono coperte, okay, ma sono così sode, tonde e strette nella stoffa che tutto quello che vorresti fare è palparle finché i capezzoli non si induriscono. Come ora».
E, be’… non mi aspettavo niente del genere, quando gli avevo chiesto di spiegarmi come migliorare nell’essere meno sexy. In realtà mentre parlava immaginavo che fosse lui a farlo e l’idea mi stava facendo letteralmente impazzire.
«La gonna vela le sue cosce senza nasconderle. Chiunque sano di mente immagina di morderle… morderle dolcemente sul lato interno fino ad arrivare alla sua fica e succhiarla come un frutto maturo. Spero di essere stato esaustivo».
Mi appoggiai alla scrivania.
«Fin troppo».
«Non faccia così».
Presi aria. Avevo la faccia, il collo e il petto in fiamme.
«Non posso evitarlo».

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Classificazione: 4.5 su 5.

In amore e in guerra

Antonia “Tony” Darren è alla sua seconda ferma con la missione di pace interforze in Harbat. Non fa più parte della fanteria, ma della polizia militare e sta per iniziare un nuovo incarico sotto il comando dell’agente speciale Reich. Si rende presto conto che quasi tutti adorano il suo nuovo superiore – e la sua compagna LeRoy ne è completamente cotta. Il problema è che Reich non sembra interessato a nessuna, come se avesse fatto il voto di restare solo. Ma è davvero così? O ha solo paura di essere nuovamente ferito? Nessun militare di stanza in Harbat è un cuore tenero, ma l’attrazione tra lui e Tony è impossibile da ignorare e a volte le apparenze ingannano.Come nel caso di Reno Wyte, Royal Marines, un cane pazzo che non perde occasione per fare a pugni o infastidire le colleghe. Ma davvero è così pessimo? O costudisce un segreto che non vuole ammettere neppure con se stesso? Il compagno di unità di Tony, Mitch Calogero, potrebbe trovarsi a scoprirlo…Nel frattempo, un giovane soldato è stato rinvenuto morto in un bagno della base, forse suicida, e sta alla squadra di Reich indagare… per scoprire se è vero il detto che in amore e in guerra tutto è lecito.

ATTENZIONE: Pur essendo ambientato nello stesso universo della serie Sesso&Potere, non è in continuity.

Lui non rispose. Antonia si voltò a guardarlo e vide che era pensieroso.
«Va tutto bene, signore? Non ha risposto».
«Mh? Sì, tutto bene. Ci stavo pensando. Al paternalismo e… ad altre cose. Non lo faccia».
«Che cosa?».
«Flirtare. Aveva freddo, questo è tutto. Non flirti con me, per favore».
Di primo acchito le sue parole bruciarono. Avrebbe voluto rispondergli seccata che nessuno stava flirtando e di non darsi troppe arie. Ma la verità era che aveva flirtato, senza neppure rendersene conto e che lui era stato chiaro e diretto, e non aveva alcuna intenzione di offenderla.
«No, signore. Ha ragione» mormorò, quindi.
Ora era piuttosto imbarazzante. Essere lì, sotto il suo braccio, con i capezzoli duri e la consapevolezza che non era solo per il freddo. E una seconda consapevolezza: a lui non interessava. Non era attratto da lei e non la desiderava.
Anche se Tony non ne era del tutto sicura.
La mano di Reich le penzolava dalle spalle, ora, e la punta delle sue dita le sfiorava la sommità di un seno. Casualmente. Certo, lui non se ne accorgeva neppure.
Tony si concentrò sul suo braccio. La leggera tensione dei muscoli. No, Reich stava piegando leggermente più del dovuto il gomito apposta perché le sue dita sfiorassero casualmente il seno di lei.
Rise.
«Che bugiardo».

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